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Protezionismo e gold standard

La “grande depressione”  e il ritorno al protezionismo

Un’altra conseguenza del libero scambio fu la sincronizzazione della dinamica dei prezzi fuori dai confini nazionali. Con lo sviluppo dell’industrializzazione e del commercio internazionale, le fluttuazioni cominciarono ad essere legate alle oscillazioni della domanda, quindi divennero di natura ciclica e vennero trasmesse negli altri paesi attraverso canali commerciali, che vennero poi distinti in cicli delle scorte (di breve durata 2-3 anni) e tendenze scolari (di lunga durata 20-40 anni).
Fluttuazioni della produzione accompagnavano anche fluttuazioni dei prezzi. In Europa e negli US, i prezzi raggiunsero il culmine verso la fine delle guerre napoleoniche. Le cause furono sia reali (miglioramento delle innovazioni e dell’efficienza) che monetarie (pagamento delle riparazioni di guerra da parte dei governi). I prezzi si innalzarono intorno al 1850 per poi oscillare per 20anni senza una direzione definita.
Nel 1873 un panico finanziario colpì Vienna e NY per poi propagarsi in Europa, questa caduta dei prezzi in GB fu chiamata “Grande Depressione” (i prezzi poi crebbero con la scoperta di giacimenti di oro in Africa). Gli industriali attribuirono tale depressione all’aumento della concorrenza internazionale frutto dei trattati commerciali ed avanzarono nuove richieste di protezione, d’accordo con essi erano anche gli agricoltori che per la prima volta si trovavano a fronteggiare una dura concorrenza sui propri mercati.
La Germania, nel frattempo, divisa tra un occidente in via di industrializzazione ed un oriente agricolo, si era dedicata da tempo all’esportazione di grano in Europa e preoccupati dalla caduta del prezzo del grano, provocata dalle importazioni dall’America e dalla Russia, chiese maggiore protezione. Così il cancelliere tedesco Bismarck introdusse il protezionismo sia per l’industria che per l’agricoltura.
I sostenitori del libero scambio però avevano comunque conservato un importante peso politico, così si approvò la tariffa Méline, che pur accordando protezione ad alcuni settori dell’agricoltura, conteneva diversi elementi caratteristici del libero scambio (“protezionismo raffinato”).
L’Italia seguì l’esempio tedesco nel ritorno al protezionismo e decise di discriminare le importazioni francesi, mossa poco saggia in quanto la Francia per l’Italia rappresentava il maggiore mercato estero. I francesi quindi imposero dazi discriminatori fino a spingere l’Italia a non commerciare con la Francia per più di 10anni. Molti paesi seguirono l’esempio di Francia e Germania innalzando i propri dazi.
In questo ritorno al protezionismo resistettero alcuni paesi, su tutte la GB. Mentre nacquero dei movimenti politici che si battevano per un “giusto commercio” ma non ebbero successo fino alla prima guerra mondiale. Paesi Bassi, Danimarca e Belgio mantennero una situazione prevalentemente liberoscambista.


Il gold standard internazionale

Secondo alcuni l’alto grado di integrazione raggiunto dall’economia mondiale intorno al 19° secolo dipese da un’adesione al gold standard internazionale, secondo altri, questa integrazione fu una conseguenza del ruolo centrale della GB poiché questa si mantenne fedele al gold standard per tutto il secolo. Nel corso della storia, diverse merci hanno svolto la funzione di standard monetario (terra, bestiame, frumento), ma mai come hanno fatto invece l’oro o l’argento. La funzione di standard monetario definisce l’unità di conto di un sistema monetario quella in cui tutte le altre forme di moneta sono convertibili. In Inghilterra l’unità di conto fu chiamata sovrana o sterlina d’oro ed era rappresentata da 113 grani di oro puro. Secondo la legge parlamentare della gold standard dovevano essere osservate 3 condizioni:
-    la Zecca reale era obbligata a comprare e vendere quantità illimitate di oro a prezzo fisso
-    la Banca d’Inghilterra doveva convertire a richiesta le sue passività monetarie in oro
-    nessuna restrizione si poteva doveva essere imposta sull’importazione o sull’esportazione di oro
La quantità di ora che la Banca d’Inghilterra possedeva rappresentava la quantità di credito che poteva accordare sottoforma di banconote e depositi, questi determinavano poi l’ammontare di credito che queste ultime potevano concedere.
Quando i flussi internazionali di oro erano limitati o quando pareggiavano quelli in uscita, i prezzi rimanevano stabili, ma ingenti afflussi di oro (dopo le scoperte di giacimenti auriferi in California e Australia), causavano panici monetari.
La Francia tentò di creare un’alternativa al gold standard internazionale, così fecero Belgio, Svizzera e Italia (dove fu adottata la nuova lira). Pian piano tutte le nazioni, anche fuori dall’Europa adottarono il gold standard, che però durò meno di 20anni.

Tratto da STORIA ECONOMICA di Marco D'Andrea
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