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Rappresentazione del dramma familiare e rito terapeutico

    
La rigidità del sistema familiare può essere valutata in base alla ripetitività dei modelli di interazione che permettono a ciascun componente di “giocare a occhi chiusi” la parte assegnata.    
Tanto più prevedibile e ripetitivo sarà il copione familiare, tanto più stabile e coeso sarà il sistema, almeno fino alla comparsa di una nuova crisi evolutiva, che può corrispondere a un evento reale o alla preoccupazione legata al possibile accadimento di un evento temuto. In entrambi i casi si assiste a uno sforzo collettivo di mantenimento dello status quo e a un’accresciuta funzione di sostegno del paziente designato: si raggiunge una sorta di iperstabilità ma la presenza di un paziente cronico o problematico è un elemento critico di stabilità-instabilità dato che forti tensioni si agitano all’interno di una struttura congelata solo in superficie.    
Obiettivo terapeutico prioritario è di rompere la rigidità di modelli d’interazione stereotipati e consolidati nel tempo per raggiungere i livelli di conflittualità interpersonale sommersi e insieme temuti dalla famiglia. E’ importante dare rilievo al momento evolutivo in cui si innesca la richiesta di terapia: a volte trascorrono anni prima che la famiglia si decida a chiedere aiuto, tuttavia tale ritardo non è legato a pigrizia o disinteresse ma al momento critico in cui la famiglia può tollerare che un agente esterno (il terapeuta) entri in contatto con le sue parti nevralgiche.    
Per rompere è necessario non interrompere. Anziché rompere la rigidità sembra più efficace dirigerla: conoscerla, adottare il linguaggio metaforico della famiglia e cercare successivamente di amplificarla attraverso la drammatizzazione in seduta, cosi da mettere a fuoco elementi verbali e analogici di particolare rilevanza. Il “fateci vedere” è per i terapeuti la strategia migliore per aggirare eventuali resistenze ed entrare in contatto con l’organizzazione familiare. Es. sedute pranzo con famiglie che hanno una paziente anoressica.

Tratto da TEMPO E MITO IN PSICOTERAPIA FAMILIARE di Antonino Cascione
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