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The Intentional Fallacy di Wimsatt e Beardsley


Innanzitutto riassumiamoli brevemente, e poi vediamo come se ne possa mettere in dubbio la fondatezza.
Iniziamo da punto 1. Quando qualcuno scrive un testo, intende certamente esprimere qualcosa, vuole dire qualcosa tramite la parola che scrive. Ma la relazione tra una serie di parole scritte e quello che l'autore intendeva dire con esse, tra il senso di un' opera e quello che l'autore voleva esprimere non è per nulla assicurato. Anche se la coincidenza è possibile, non esiste equazione logica necessaria tra il senso di un' opera e l'intenzione di un autore.
Dunque non solo una intenzione d'autore è difficile da ricostruire, ma anche supposto che sia rintracciabile, nella maggior parte dei casi non è pertinente ai fini dell'interpretazione del testo stesso. I due teorici Wimsatt e Beardsley esprimono bene questa posizione nel loro articolo The Intentional Fallacy, che esprime quanto segue: il disegno o l'intenzione d'autore non è né disponibile né auspicabile come norma per giudicare della riuscita di un'opera d'arte letteraria.
Perchè? Delle due l'una, dicono: o l'intenzione d'autore e l'opera non coincidono, e allora la testimonianza del suo autore è priva di importanza perchè non dirà nulla sul senso dell'opera, enunciando solamente quello che intendeva farle dire; oppure l'autore è riuscito nei suoi intenti e il senso dell'opera coincide con la sua intenzione; in quel caso però, la sua testimonianza non aggiungerà nulla di nuovo. L'unica intenzione che conti in un autore è l'intenziuone di fare letteratura, e l'opera da sola basta per decidere se l'autore ha realizzato la sua intenzione. Sintetizzando, dunque, il senso di un' opera non è necessariamente identico all'intenzione dell'autore, ed è addirittura probabile che non lo sia.
Da qui si passa alla tentazione di rifiutare qualsiasi testimonianza esterna (privata) al testo. Ma il discorso non è così semplice, poiché esistono testimonianze che si situano a cavallo tra esterno ed interno, tra contesto e testo: parliamo della lingua del testo, e del senso che le parole hanno per un autore e per il suo ambiente. Sono informazioni che dipendono dall'intenzione o sono indifferenti? Per gli anti intenzionalisti sono più o meno indifferenti poiché preferiscono basarsi su tratti testuali legati direttamente al senso, piuttosto che su fatti biografici legati ad esso indirettamente tramite l'intenzione d'autore, senza negare però che i fatti biografici abbiano a loro favore una certa probabilità e possano, eventualmente, se non infirmare, per lo meno confermare una interpretazione.
Questo atteggiamento deriva dalla loro idea di autosufficienza della lingua, ereditata da De Saussure. Il significato non è più determinato dalle intenzioni, ma dal sistema della lingua. Il testo viene identificato come una langue, e non come una parole; è considerato un enunciato e non una enunciazione. Il testo, in quanto langue, non è più la parole di un individuo particolare.

Tratto da TEORIA DELLA LETTERATURA di Gherardo Fabretti
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