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Come ha fatto la NATO a sopravvivere per così tanto tempo?

Come ha fatto la NATO a sopravvivere per così tanto tempo? 

Essenzialmente, afferma Joffe, è stato trovato un antidoto al dilemma abbandono-intrappolamento: accoppiamento (coupling) = partecipazione americana sul continente, sia con truppe (circa 320.000 uomini) sia con migliaia di arsenali nucleari. In questo modo, si sarebbero ridotte le distanze geografiche e politiche tra gli alleati, rendendo l’Europa strategicamente importante per gli USA così come il loro stesso territorio (⇒ un attacco contro l’Europa = un attacco contro l’America stessa) e aumentando la credibilità della deterrenza americana verso l’URSS ⇒ con l’Europa e gli Usa così uniti, la deterrenza estesa produce ottimi effetti, dal momento che un aggressore dovrebbe affrontare i costi di una guerra totale, qualora pensasse ad un attacco contro l’Europa occidentale. 
Idealmente, però, gli alleati europei, tenendo a mente il dilemma abbandono-intrappolamento, avrebbero preferito una forma di accoppiamento unidirezionale = protezione totale, ma zero rischi = volevano godere della protezione totale degli Usa contro eventuali attacchi, ma volevano essere lasciati completamente fuori da qualunque contrasto gli USA avessero avuto individualmente con l’URSS, per evitare di essere intrappolati in una controversia tra le 2 superpotenze. 
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Una détente divisibile (= political decoupling) è dunque la controparte logica di un’indivisibile deterrente (strategic coupling) ⇒ per rimediare all’insicurezza suscitata da Washington, gli alleati sono perennemente disposti a comprare rassicurazioni da Mosca, in un processo limitato fatto di assicurazioni e conciliazione. Non è un caso che il riconoscimento della parità strategica, codificata dal SALT I, coincise con una spinta europea verso la détente agli inizi degli anni ’70: se la parità preoccupava l’efficacia della deterrenza estesa, la détente diminuiva gli incentivi sovietici a presentarsi come una sfida, restaurando la ricerca dell’equilibrio tra rischio e sicurezza. 
La distensione degli anni ’80, dovuto proprio per il minor pericolo di un attacco sovietico, fece in effetti allontanare gli alleati europei dal loro protettore, un gesto definito dagli USA come una combinazione di vigliaccheria e avidità e che segnò un periodo di crisi della NATO. 
Ma data la sua debolezza militare, in seguito l’Europa dovette ritornare dal suo antico protettore nucleare, per la già nominata assenza di alternative. In un sistema bipolare, infatti, il protettore deve mostrarsi comunque tollerante di fronte alle eventuali deviazioni dei suoi clienti, dato che essi non possono comunque permettersi di abbandonarlo. 
Come abbiamo già visto, anche Joffe afferma che, in termini generali, le alleanze si erodono quando i costi eccedono i benefici dell’allineamento. Più precisamente (argomento classico), gli allineamenti cambiano quando le vecchie minacce scompaiono e nuove minacce richiedono nuove forme di lealtà. 
L’opzione “riallineamento” richiede però una condizione fondamentale = la disponibilità di diversi partner. 
MA, poiché il mondo bipolare è altamente viscoso, mancano alternative: ai massimi livelli, infatti, le 2 superpotenze sono in una posizione di costante rivalità reciproca, dal momento che non esistono minacce al loro pari. Ai livelli più bassi, gli attori minori non hanno in realtà molta scelta. In particolare, finché l’Europa occidentale non vuole o non riesce ad accumulare significative risorse per la difesa comune, gli USA restano il protettore naturale. 
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− gli USA non possono abbandonare l’Europa occidentale, perché così facendo abbandonerebbero la zona strategicamente più importante ad un incerto destino, se non alla dominazione nemica; 
− l’Europa non può defezionare, perché non è sicura né la scelta neutrale né la sottomissione ad una superpotenza che non le garantirebbe la libertà in caso di un’ulteriore defezione. 
A dire il vero, ci sarebbe una terza possibilità = la creazione di un superstato europeo che, libero dalla dipendenza dagli USA, sia sufficientemente forte da non temere l’URSS. Tuttavia, una simile opzione è ancora lontana dal realizzarsi. 
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Joffe conclude che, in generale, la NATO è sopravvissuta così a lungo per necessità reciproca delle parti. 
Inoltre, anche la presenza delle armi nucleari ne ha favorito la longevità: riducendo infatti il rischio di una guerra, esse hanno tolto ogni motivo valido a defezionare e/o a riallinearsi. Infatti, una delle cause della fine delle alleanze è la scomparsa stessa delle alleanze a causa della guerra ⇒ la presenza delle armi nucleari, e la conseguente eccezionale stabilità del sistema, elimina la guerra come principale minaccia alla sopravvivenza delle alleanze. 
Tutti questi elementi servono a spiegare anche perché l’URSS non modificò la propria strategia di deterrenza estesa, anche se questa si era dimostrata così fragile. I motivi sono principalmente 2: 
1. data la chiara divisione dell’Europa, un fraintendimento era pressoché impossibile, così come il rischio di una guerra nucleare 
2. il cosiddetto Teorema di Healey = mentre serviva il 95% di credibilità per assicurare un alleato, bastava solo il 5% per distogliere un nemico da intenti offensivi. 
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Secondo Joffe, le voci che vedono la fine imminente della NATO alla fine della Guerra Fredda non devono essere esagerate, dal momento che il sistema postbellico non lascia, in realtà, molte alternative agli alleati minori, incapaci di defezionare o di riallinearsi, e alle 2 superpotenze, incapaci di ritirarsi o di disimpegnarsi. 
Diverse sono le conclusioni a cui giunge Howard, nel già citato articolo An unhappy successful marriage. Sebbene molti sostengono che un’alleanza militare non può sopravvivere nel momento in cui viene meno la minaccia che aveva portato alla nascita stessa dell’alleanza, Howard ricorda che la NATO non è una pura e semplice alleanza militare e che, se in regime di Guerra Fredda venne dato maggiore rilievo all’art. 5 della Carta NATO, oggi ha preso il sopravvento l’art. 2 e anche il rispetto dell’art. 5 non è più così rigoroso: la decisione di quali siano le “misure necessarie” è a discrezione di ogni singolo membro e, soprattutto, l’uso della forza è visto solo come una, se non l’ultima, delle possibili opzioni. 
Principale motivo di tensione resta la necessità o meno di estendere l’alleanza ad altre zone nel mondo. Alcuni hanno accusato gli USA di aver esteso la NATO in un’ottica ancora di Guerra Fredda e scontro bipolare, ma tali critiche vengono, secondo Howard, soprattutto da chi considera la NATO mera alleanza militare, tralasciando l’aspetto più politico dell’organizzazione. 
Dei 4 problemi sopra citati, causa di discordia tra i membri, solo 2 sono rimasti: 
1. le operazioni “fuori area”, considerate da alcuni l’unica giustificazione alla sopravvivenza della NATO, soprattutto da quegli americani ancora consapevoli del ruolo del loro paese nel mantenimento dell’ordine mondiale; il problema è che il trattato della NATO non prevede l’obbligo dei membri ad agire “fuori area” e che comunque tali operazioni richiederebbero un grado di cooperazione militare che solo pochi membri sarebbero veramente in grado di dare. 
2. la “condivisione dei carichi” (burden-sharing). 
Un ulteriore problema riguarda l’evoluzione dell’Unione Europea: Quale territorio occuperà? Che potere avrà? Quale atteggiamento adotterà nei confronti degli Stati Uniti? 
Di certo, la questione più delicata riguarda l’ambito militare. TUTTAVIA, l’obiettivo di un’Identità di Difesa e Sicurezza europea sembra ancora di difficile raggiungimento. E comunque, secondo Howard, tutto questo non deve portare a ritenere che la NATO sia destinata a scomparire, dal momento che resta comunque il ponte principale di coordinamento tra l’America e l’Europa ⇒ l’alleanza continuerà ad essere un matrimonio di successo, ma solo se i partner sanno cosa possono razionalmente aspettarsi l’uno dell’altro. 
Cosa cambia con la fine della Guerra Fredda? 
S. M. Walt cerca di indagare, in generale, gli elementi per cui un’alleanza dura o crolla. 
Punto di partenza è, ancora una volta, una visione alquanto ristretta del fenomeno delle alleanze. Walt, infatti, le definisce come un impegno per mutuo supporto militare contro attori esterni in date circostanze. 
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In base a questa definizione, un’alleanza è: 
− aggregazione delle capacità 
− difensiva oppure offensiva 
− simmetrica o asimmetrica 
− formale (⇒ altamente istituzionalizzata) o ad hoc (⇒ temporanea). 

Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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