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Qual è lo scopo dell’azione politica?

Qual è lo scopo dell’azione politica? 

Proprio perché gli Stati si muovono in un ambiente anarchico in cui le risorse (remunerative e distruttive) sono disperse e l’exit non è possibile (⇒ c’è una situazione di interdipendenza), ognuno di essi ha bisogno, sia pur modo diverso, della collaborazione altrui per perseguire quegli obiettivi che più gli premono (= razionalità strumentale) ⇒ farà uso delle risorse di cui dispone per ottenere la “conformità” degli altri Stati. 
Se per “potenza” = l’insieme complessivo di risorse a disposizione di un attore in relazione alle risorse altrui ⇒ la ricerca di “conformità” tra gli Stati = ricerca di potenza, indipendentemente dalla sua fruizione immediata per ottenere valori finali. 
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Come assicurarsi i valori finali V? 

Ogni attore A ha delle risorse R, per ottenere la conformità C altrui, che gli permette di raggiungere certi valori V definiti. 
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La politica = ricerca della conformità altrui. 
È dunque all’interno di questo schema generale che le alleanze devono essere ricondotte. Esse, in prima approssimazione, possono essere viste proprio come strumenti per circoscrivere e attenuare l’insicurezza e l’incertezza sempre latenti in un ambiente come quello descritto. 
Le alleanze cercano di rendere prevedibile il comportamento dell’alleato, di eliminare la fonte di incertezza costituita dalla sua libertà di azione, assicurandosene la collaborazione. 
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L’impegno, in questo senso, è una mossa strategica a pieno titolo, in quanto induce l’altro ad agire in un certo modo (= a nostro favore) e condiziona le sue scelte perché influenza le sue aspettative. 
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L’opposizione al nemico comune è uno dei molteplici scopi resi possibili dall’aver vincolato il comportamento altrui. È attraverso la collaborazione dell’alleato, infatti, che si ottiene anche la “conformità” degli altri Stati, quelli contro i quali l’alleanza è stata stretta. 
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L’alleanza = strumento di controllo dell’ambiente si articola lungo 2 dimensioni principali: 
− gli alleati 
− gli Stati terzi. 

Spesso, la “conformità” dei primi è strumentale alla “conformità” dei secondi. 
MA, se l’esigenza di fondo è la ricerca della “conformità”, si capisce anche perché esistono alleanze che mal si prestano ad essere lette in chiave classica di sicurezza. 
Va da sé, poi, che il significato specifico che tale ricerca assume varia al variare del rango degli Stati e dei loro rapporti di forza: 
− per una potenza egemonica, la “conformità” dell’alleato minore tende a realizzarsi nella trasformazione di questi in uno strumento della propria politica; 
− per una piccola potenza, la collaborazione del grande alleato potrà significare garanzia di protezione o un accomodamento in base al quale, pur in una sostanziale subordinazione, si mantiene una qualche autonomia formale; 
− tra pari, assisteremo ad un latente ma costante braccio di ferro tra le 2 parti, ognuna delle quali tenta di convincere l’altra ad appoggiarla sugli obiettivi giudicati più importanti. 

Quanto al rapporto con gli avversari, la ricerca di “conformità” si realizza 
− o in un senso dissuasivo (= l’alleanza rende A e B più forti nei confronti di C ⇒ trattiene C dal prendere iniziative che possono danneggiare gli alleati) 
− o in un senso strettamente bellico (= l’alleanza mette A e B nelle condizioni di ottenere da C il comportamento desiderato per mezzo dell’uso effettivo della forza). 

In un’alleanza, gli impegni reciproci vengono codificati. Questa formalizzazione aggiunge specificità, obblighi e reciprocità, rendendo l’impegno assunto più credibile ⇒ le alleanze costituiscono un segnale delle intenzioni proprie e altrui, la cui credibilità è spesso rafforzata proprio dai costi che esse comportano; sono impegni che si prendono malgrado la limitazione della libertà di manovra che essi implicano. 
Perché si accetta tale limitazione? 
Perché si ottiene qualcosa in cambio. 
Un’alleanza è dunque essenzialmente uno scambio, in cui entrambe le parti danno e ottengono qualcosa. In condizioni di scambio ineguale si parla, come noto, di potere. 
E non è un caso se molti spunti e alcune idee centrali della letteratura sociologica e politologia sullo scambio e sul potere trovano un’applicazione quasi immediata anche nell’esame dei rapporti tra alleati. 
Secondo M. Stoppino, la “remunerazione” fondata sull’erogazione di “vantaggi emergenti” è la tipica forma di scambio in un’alleanza. Tra alleati, la ricompensa caratteristica è l’appoggio, mentre la punizione più diffusa è l’abbandono. 
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Il potere risiede nel margine di libertà di cui dispone ognuna delle parti = nella possibilità più o meno grande di rifiutare ciò che l’altro chiede, o suppone di poter chiedere. 
Se le parti traggono vantaggio dalla loro transazione, esse hanno un interesse comune nell’effettuarla, ma saranno comunque in conflitto sui termini ai quali lo scambio deve aver luogo ⇒ ogni parte esercita pressione sull’altra perché si faccia carico dell’impegno più gravoso, limitando viceversa il proprio impegno più che può = fino al punto in cui si mette in pericolo la relazione, ma non oltre. 
È appena il caso di notare che i 4 tipi di relationships individuati da Snyder descrivono proprio le condizioni di partenza di ogni contrattazione: 
− gli allineamenti specificano il genere di contrattazione di cui stiamo parlando (= la risoluzione del conflitto, tra avversari; la realizzazione dei fini comuni, tra alleati); 
− gli interessi stabiliscono i fini della contrattazione e il loro grado di compatibilità; 
− le capacità e la dipendenza indicano il potere relativo a disposizione degli Stati per perseguire quei fini. 

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Se i rapporti tra le parti sono equilibrati, ognuna continua ad esercitare una sostanziale influenza sull’altra, ed entrambe sono controllate dalla loro stessa relazione. 
Ma se lo scambio non è uguale, la differenza va ricercata nel divario della forza strategica degli attori = per ogni singola risorsa, una combinazione del grado di controllo da parte dell’attore che la detiene e del grado di rilevanza che gli altri vi attribuiscono. 
Le risorse di solito più ambite in un alleato sono: 
 - particolari mezzi militari, 
 - disponibilità finanziaria, 
 - il peso e il prestigio di cui si gode nei confronti degli altri Stati, 
 - una vantaggiosa posizione geografica. 

Il potere di un alleato sull’altro si esercita in modo 
− DIRETTO = oltre alla remunerazione (promettendo appoggio e minacciando l’abbandono), si agisce anche con la persuasione, intervenendo sulle sue conoscenze di fatto e sulle sue credenze di valore; 
− INDIRETTO = si interviene indirettamente sulle condizioni ambientali dell’alleato. 

Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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