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Realismo offensivo di Labs

Volendo rispondere alla domanda di partenza del dibattito tra realisti offensivi e realisti difensivi, E. J. Labs afferma che gli Stati cercano di massimizzare il loro potere relativo per massimizzare la loro sicurezza, il che li porta ad espandere i loro obiettivi in guerra. 
Secondo Labs, il REALISMO OFFENSIVO è in grado di offrire spiegazioni migliori rispetto al realismo difensivo circa il comportamento degli Stati. Secondo il realismo offensivo, gli Stati riconoscono che più potenti sono più sicuri saranno. Come affermato da J. Mearsheimer, maggiore è il vantaggio militare che uno Stato ha sugli altri, più sicuro esso è. 
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Quando gli Stati si trovano di fronte ad opportunità che possono facilmente e convenientemente aumentare il loro potere relativo, essi ne approfitteranno ⇒ una strategia che punta a massimizzare la sicurezza attraverso la massimizzazione del potere relativo è, secondo i realisti offensivi, una risposta altamente razionale all’anarchia. 
Questo però non significa che gli Stati sono motivati da una cieca ambizione. Gli espansionisti che hanno successo cercano di imparare dagli errori del passato, di adattare i propri sforzi in maniera razionale. Inoltre, gli Stati fanno anche un attento calcolo del rapporto costi-benefici in ogni occasione di espansione ⇒ se la prospettiva dei costi supera quella dei benefici, è poco probabile che lo Stato decida di adottare una politica di espansione. 
A tal proposito, Labs riporta la distinzione fatta da Colin Elman tra 
− espansione automatica: è il risultato di ripetuti e localizzati sforzi per espandere il proprio potere quando si presentano delle occasioni ⇒ questi tentativi sono condotti non con lo scopo deliberato di divenire lo Stato dominante del sistema, ma con l’idea di espandere il proprio potere ogni volta che l’occasione e il calcolo costi-benefici sono favorevoli; 
− espansione manuale: si riferisce a quegli Stati che tentano coscientemente di raggiungere l’egemonia. 
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La distinzione tra gli Stati non è che alcuni puntano al potere, mentre la maggior parte punta a mantenere lo status quo – come sostengono i realisti difensivi – MA che, mentre alcuni Stati sono espansionisti manuali, tutti quelli che vogliono sopravvivere sono espansionisti automatici. 
Queste premesse portano il realismo offensivo a creare aspettative sul comportamento degli Stati più precise rispetto al realismo difensivo, in particolare rispetto a 3 elementi: 
1. balancing: realismo offensivo e realismo difensivo concordano nell’affermare che, in generale, il comportamento di balancing contro una minaccia esterna è più frequente del bandwagoning. TUTTAVIA, come sottolineato anche da B. Posen, fare balancing risulta essere particolarmente difficile in un sistema multipolare, dal momento che potrebbe sorgere il problema del buckpassing. Altri studiosi hanno addirittura affermato che comportamenti di bandwagoning sono altrettanto presenti nel sistema internazionale. R. Schweller, per esempio, ha formulato il concetto di bandwagoning for profit. 
2. assorbimento dei vuoti di potere: il realismo offensivo si aspetta che gli Stati tendano ad espandersi maggiormente in aree dove esiste un certo vuoto di potere. 
3. espansione degli obiettivi di guerra: gli Stati tendono ad allargare i loro obiettivi bellici in guerra in risposta a minacce ed opportunità che si presentano. Con il termine “minaccia” Labs si rifà allo stesso concetto delineato da S. Walt: la sua teoria dell’equilibrio della minaccia afferma che gli Stati formano alleanze in risposta a minacce; i fattori più importanti nel determinare chi costituisce una minaccia sono 
a. il potere aggregato 
b. la prossimità geografica 
c. il potere offensivo 
d. le intenzioni aggressive. 
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Maggiore, il più forte, il più vicino e il più minaccioso è un nemico, più uno Stato temerà per la sua sicurezza e più sarà portato ad espandere i propri obiettivi bellici per garantire la propria sicurezza nel periodo post-bellico. 
Questa formulazione viene accettata sia dal realismo difensivo (se uno Stato amplia i propri obiettivi, lo fa in risposta ad una minaccia alla sua sicurezza) sia dal realismo offensivo. La distinzione tuttavia riappare nel momento in cui Labs afferma che gli Stati sfrutteranno ogni opportunità per massimizzare il proprio potere relativo e garantire la propria sicurezza dopo la guerra, indipendentemente dal livello della minaccia che affrontano nel presente. Labs definisce “opportunità” = l’assenza di costrizioni sistemiche e militari rispetto ad uno Stato in guerra o la convinzione che ogni costrizione può essere superata ad un basso costo. Una vittoria decisiva è la forma più comune che assumono queste occasioni e porta lo Stato vittorioso a proporsi obiettivi maggiori rispetto a quanto aveva originariamente pianificato. 
Qualora ci sia la combinazione di minaccia e opportunità ⇒ gli incentivi di uno Stato di ampliare i propri obiettivi bellici sono ancora più forti. Potrebbe sembrare contraddittorio, ma per il realismo offensivo non lo è: infatti, anche se uno Stato vince decisivamente la guerra, può però essere portato a credere che il suo avversario abbia l’intenzione, la volontà, la potenzialità di riarmarsi nel periodo post-bellico e vendicarsi ⇒ per evitare questa minaccia potenziale nel futuro, lo Stato vincitore sarà portato ad espandere i suoi obiettivi nel conflitto in corso per assicurarsi le misure difensive necessarie per il futuro. 
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Secondo Labs, anche in questo caso il realismo offensivo offre una spiegazione migliore di quella avanzata dal realismo difensivo e cerca di dimostrarlo attraverso l’analisi di 4 casi storici: 
1. la Prussia nella guerra austro-prussiana (1866): la Prussia, in questo caso, aveva forti incentivi a continuare la guerra contro l’Austria anche dopo aver raggiunto gli obiettivi originari, ma il sistema internazionale non permise tale ampliamento. In particolare, il capo del General staff prussiano, Helmuth von Moltke riteneva che gli obiettivi bellici dovessero essere stabiliti in base alle capacità dell’esercito ⇒ riteneva che l’esercito prussiano dovesse marciare fino al cuore dell’Austria, umiliarla, privarla di ampi territori e, per evitare una svolta revanscista, l’esercito austriaco doveva essere distrutto. 
La vittoria a Königgrätz sembrò fornire l’opportunità di ampliare gli obiettivi prussiani in questo senso. TUTTAVIA, Bismarck si rifiutò di continuare la guerra, annettere parte della Boemia e umiliare l’Austria, fondamentalmente per 2 motivi: 
− non voleva distruggere completamente l’Austria perché sperava di trasformarla, in futuro, in un potente alleato 
− egli riteneva che non ci fosse l’opportunità sistemica per porsi obiettivi molto più ambiziosi: temeva un eventuale intervento da parte delle altre potenze europee, dato che Russia, Gran Bretagna e soprattutto la Francia non avrebbero approvato un’invasione prussiana contro l’Austria. 
Secondo Labs, questo caso dimostra soprattutto come, secondo quanto affermato dal realismo offensivo, gli Stati non siano degli aggressori irrazionali: essi calcolano il più accuratamente possibile i costi e i benefici dell’espansione e di conseguenza decidono in modo razionale, come dimostrato dalla Prussia di Bismarck. 
2. la Prussia nella guerra franco-prussiana (1870): in questo caso, la Prussia si trovò di fronte ad una grande opportunità (= annettere le province francesi dell’Alsazia e della Lorena), sfruttando dunque la guerra contro la Francia per completare l’unificazione tedesca sotto la potenza prussiana e garantire confini più sicuri contro future minacce francesi. 
L’espansione degli obiettivi iniziali è evidente: Bismarck non provocò la guerra contro la Francia perché voleva annettere le 2 province, ma solo condurre una lotta nazionale contro un nemico di vecchia data, al fine di portare a termine l’unificazione tedesca sotto il dominio politico e militare della Prussia. 
Anche a livello sistemico l’opportunità era evidente: Bismarck, infatti, riuscì ad assicurarsi la neutralità dell’Austria nel conflitto, così come il rispetto dell’isolazionismo inglese. 
L’unico problema per Bismarck fu quello di convincere ancora una volta i militari e von Moltke che non si accontentavano dell’annessione delle 2 province, ma chiedevano la totale distruzione della Francia. 
Secondo Labs, anche questo caso conferma la validità delle tesi del realismo offensivo, dato che la Prussia ampliò i suoi obiettivi non di fronte ad una minaccia presente (il che sosterrebbe la tesi difensivista), ma in vista di un potenziale pericolo futuro. 
3. gli Stati Uniti nella guerra di Corea (1950): nella guerra in Corea gli Stati Uniti credettero di avere un’opportunità, ma l’intervento della Cina la fece svanire, portando gli USA addirittura a ritornare ai loro obiettivi originari. Più precisamente, gli Stati Uniti decisero di ampliare i loro obiettivi, includendo la conquista di tutta la Corea del Nord. L’amministrazione Truman, infatti, aveva concluso (e il generale MacArthur lo confermava) che l’unica costrizione sistemica – l’intervento dell’Unione Sovietica e della Cina – era in realtà poco probabile, perché, da un lato, i rapporti con l’Unione Sovietica erano ancora abbastanza amichevoli e, dall’altro lato, si pensava che la Cina fosse troppo nazionalista e troppo esausta per la recente guerra civile che l’aveva sconvolta. 
Tuttavia, i calcoli americani furono smentiti e, in seguito alla controffensiva cinese nel novembre 1950, si decise di ritornare all’obiettivo iniziale di restaurare il territorio della Corea del Sud al 38° parallelo, dato che i costi e i rischi di un attacco preventivo, come consigliato da MacArthur erano, secondo Truman, troppo elevati. 
Secondo Labs, questo terzo caso supporta la tesi offensivista in 2 modi: 
o gli Stati Uniti decisero di ampliare in un primo momento il loro obiettivo iniziale in vista di una minaccia futura alla Corea del Sud da parte di una rinforzata Corea del Nord ⇒ da qui la decisione di procedere con l’invasione di quest’ultima; 
o la rinuncia dell’ampliamento degli obiettivi e il ritorno al piano originario si deve all’assenza dell’opportunità sistemica, che convinse l’amministrazione americana che l’unico obiettivo possibile fosse la restaurazione dello status quo. 

4. la Gran Bretagna nella Prima Guerra Mondiale (1914): la credenza da parte dei leader inglesi di poter combattere una guerra a basso costo li portò ad ampliare gli obiettivi della Gran Bretagna durante la Prima Guerra Mondiale. Infatti, la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania con l’obiettivo originario di difendere l’equilibrio nell’Europa nord occidentale e vendicare la violazione alla neutralità del Belgio. In seguito, però, a questo obiettivo se ne aggiunsero altri (la distruzione del “militarismo prussiano”, la ricerca di nuovi alleati, l’ampliamento dell’impero britannico in Medio Oriente). 

Secondo Labs, questo caso potrebbe a prima vista giocare a favore del realismo difensivo, dal momento che la Gran Bretagna avrebbe ampliato i propri obiettivi di fronte alla minaccia reale posta dalla Germania. Tuttavia, l’elemento a favore del realismo offensivo va ricercato nel desiderio inglese di raggiungere una maggiore sicurezza ⇒ minaccia ed opportunità sono entrambe presenti in questo caso. 

Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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