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Dal trattato di Maastricht al Trattato di Amsterdam


la prima tappa dell’integrazione politica europea è il trattato di Maastricht. Oltre alla generale dichiarazione “l’Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia e rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dello stato di diritto” esso si limita ad affermare che l’Unione rispetta i diritti fondamentali garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma nel 50 e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli stati membri in quanto principi generali del diritto comunitario. Nulla dice sulle chiese e comunità religiose.
Si deve arrivare a una tappa successiva e cioè al trattato di Amsterdam per trovare qualcosa di più: l’attenzione ai problemi della società civile alla quale viene riconosciuto un ruolo nella costruzione europea in certo senso istituzionale secondo i principi della sussidiarietà. L’attenzione alle chiese non entra nel corpo del trattato ma in un allegato ad esso. L’allegato 11 prende posizione sui profili istituzionali del fenomeno religioso con una dichiarazione sullo status delle chiese e delle organizzazioni confessionali che recita “ l’UE rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le chiese e le associazioni o comunità religiose degli stati membri”.
Due problemi si pongono:
1. il primo riguarda la natura giuridica dell’allegato. In dottirna vi è chi afferma che si tratta di dichiarazione di volontà politica priva di effetti giuridici. Altri osservano che sia la prassi della corte europea di giustizia sia la dottrina considerano ogni dichiarazione annessa ad atto finale parte del contesto e non solo dichiarazione politica.
2. il secondo concerne gli effetti giuridici collegati alla statuizione dell’allegato. L’effetto più rilevante è che il diritto comunitario non può incidere sul regime delle chiese quale definito giuridicamente nei diversi ordinamenti statali nei quali abbia trovato una formazione il diritto collettivo di libertà religiosa. Il diritto comunitario non può toccare quanto disciplinato dall’ordinamento statale in materia di istruzione, scuola, servizi sociali o sanitari, rapporti di lavoro con riferimento all’appartenenza confessionale o all’ispirazione religiosa.

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