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Il cardinal Tommaso de Vio e l'epistolario paolino

Il cardinal Tommaso de Vio e l'epistolario paolino


Gli anni 1532-42 rappresentano un periodo particolarmente fecondo per l’epistolario Paolino e per i commenti alla Lettera ai Romani, sia sul versante cattolico sia su quello dei riformatori. La novità è da ricollegarsi al contesto storico: l’Europa vive momenti drammatici non solo a causa delle epidemie che la devastano o della guerra dei contadini (1525) ma pure per il conflitto tra Impero e Francia che segna la prima metà del XVI secolo; i Turchi che avanzano inesorabilmente verso il centro d’Europa e nel 1529 giungono fin quasi alle porte di Vienna, rappresentano un motivo di angoscia; nel 1527 vicende inimmaginabili hanno portato al Sacco di Roma; inoltre non vanno dimenticati problemi religiosi: la stessa riforma protestante divide la cristianità e lacera un’Europa unita che aveva radici antichissime risalenti al primo monachesimo. Nel 1529 i colloqui di Marburgo mettono a nudo in maniera drammatica le divergenze dei riformatori sull’eucarestia e la confessio augustan, del 1530, il primo tentativo storico di confronto tra i riformati e cattolici lascia i protagonisti insoddisfatti; più tardi nella pace di Augusta i principi confermano a Carlo V la propria scelta per la riforma e con il principio cuius regio eius religio la estendono d’autorità ai sudditi. Tale clima di incertezze mette in moto una serie di sollecitazioni che possono essere alla base di tanta vivacità esegetica. Nel 1532 apparve il commento di Melantone alla Lettera ai Romani, che ebbe numerose edizioni; nello stesso anno, sul versante cattolico, il cardinal Tommaso de Vio, detto il Gaetano, pubblicò l’ultima parte dei suoi commentari alla Bibbia che includevano l’epistolario paolino. L’opera è notevole ed ebbe un singolare antefatto. Nel 1518, in margine alla dieta di Augusta, il Gaetano, su incarico di Leone X aveva interrogato Lutero, per il processo intentato contro di lui a causa delle tesi di Wittenberg. L’interrogatorio era stato drammatico perché con tutta la buona volontà il cardinale non riuscì ad intendersi col riformatore; però capì bene quale fosse il punto centrale della provocazione, la giustificazione per fede. Il cardinale notò pure l’uso distorto che il cardinale aveva fatto di alcuni passi biblici per introdurvi le sue argomentazioni. Egli anni seguenti quell’incontro sortì per il Gaetano un duplice effetto: innanzi tutto la consapevolezza che non si potesse fare teologia senza un rigoroso studio della Scrittura; e poi, da allora in avanti, sia nel commento sulla Summa Theologica, sia nell’esegesi ai singoli libri della Bibbia, il cardinali prestò un’attenzione minuziosa ai testi scritturistici che analizzava. Soprattutto all’epistolario paolino il Gaetano si dedicò con una meticolosità straordinaria, per stabilire il senso letterale del testo, fondamentale per capire la teologia dell’apostolo: i commenti ebbero numerose edizioni. Se si escludono Lefevre e Erasmo in campo cattolico il Gaetano fu uno dei più grandi commentatori biblici del XVI secolo.

Tratto da ALLE ORIGINI DEL MONDO MODERNO di Alessia Muliere
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