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Clinton e l’America Latina


Con la conclusione della Guerra Fredda, gli Usa erano rimasti l’unica superpotenza sulla scena e gli eventi che avevano permesso agli Usa di raggiungere quel primato erano alle spalle per cui per Washington era il momento di tornare alla normalità. In America latina tornare alla normalità avrebbe significato ridare rilievo alle questioni economiche ed in particolare alla penetrazione degli investimenti finanziari statunitensi. Ma Clinton vi aggiunse una rinnovata enfasi verso la trasformazione democratica dei governi latinoamericani. La formula per sintetizzare la nuova politica dell’amministrazione fu “democrazie di mercato”. L’obiettivo era espandere e rafforzare la comunità mondiale delle democrazie di mercato. La strategia nuova poneva l’accento su 3 elementi:
1. rafforzare le esistenti democrazie di mercato
2. sostenere la nascita di altre
3. contrastare le aggressioni contro tali democrazie.

Questa fu chiamata come la Dottrina Lake dal nome del consigliere per la sicurezza nazionale Antony Lake che la formulò.
L’applicazione della dottrina Lake fu applicata secondo 2 direttrici: da una parte la ripresa di interesse dell’amministrazione verso l’accordo di libero scambio delle americhe, il Ftaa, dall’altra, l’intervento delle istituzioni finanziarie internazionali che, assecondate dagli Usa nel corso degli anni 90 sostennero e imposero alle nazioni latinoamericane una serie di riforme economiche di stampo neoliberale e a favore della diffusione del libero mercato, in seguito conosciute come Washington Consensus.
Nel 1994 a Miami si aprì il primo summit delle americhe voluto da Clinton per ridare nuova vita allo spirito roosveltiano dei vertici panamericani degli anni 30. in quell’occasione Clinton accolse i leader di 34 nazioni latinoamericane e l’incontro fu visto come l’inizio di un nuovo capitolo nelle spesso travagliate relazioni tra i due estremi dell’emisfero occidentale.
La guerra fredda era terminata e tutti i governi latinoamericani tranne Cuba erano frutto di libere elezioni, le riforme economiche neoliberali e l’espansione del libero commercio si stavano affermando quindi molte delle vecchie ragioni di contrasto erano venute meno e potevano essere sostituite da ideali condivisi e da nuove opportunità per azioni comuni.
Sfruttando il clima favorevole Clinton rilanciò il progetto di accordo di libero commercio delle americhe ed i leader latinoamericani accolsero l’idea con entusiasmo. Fu stabilito il 2005 per l’entrata in vigore dell’accordo e i presenti si diedero appuntamento al vertice che si sarebbe tenuto nel 1998 a Santiago del Cile e che avrebbe dovuto lanciare i negoziati. In quello stesso anno iniziò a nascere un nuovo problema che negli anni successivi, in particolare sotto w Bush avrebbe acuito le tensioni tra gli Usa e le nazioni meridionali: la crescita del flusso di immigrati illegali latinos che si riversavano negli Usa attraverso la California. Qui nel 1994 fu presentato un quesito referendario che chiedeva agli elettori di pronunciarsi se negare o no l’istruzione pubblica e i servizi sociali agli immigrati illegali. La consultazione approvò la proposta con ampia maggioranza.
La prima reazione negativa alla scelta californiana fu quella del Messico. Il presidente Salinas de Gortari disse che l’esito della consultazione indicava il rafforzarsi delle voci contrarie alla tolleranza e all’integrazione. La reazione del messicano era comprensibile: gli immigrati illegali erano la maggior fonte di scambio estero del suo paese e il loro impiego negli Usa rappresentava una significativa valvola di sfogo sociale.
Quando si aprì il nuovo summit molte cose erano cambiate. Primo le difficoltà interne affrontate da Clinton con la sua politica commerciale. Nel 199 aveva ottenuto la ratifica del Congresso al trattato del Nafta ma non era riuscito a vincere le resistenze del legislativo nel concedergli l’autorità a negoziare accordi commerciali prevista dal Trade act del 1974. senza tale supporto l’amministrazione non avrebbe avuto alcuna possibilità di negoziare le condizioni del Ftaa con le controparti sudamericane. I maggiori ostacoli a tali concessioni erano stati generati dalle vicende messicane. Meno di un anno dopo l’entrata in vigore del Nafta la moneta messicana era collassata.
Per sostenere l’economia del vicino Messico Washington aveva speso migliaia di dollari e il suo tradizionale surplus commerciale con il Messico si era trasformato in un deficit. A ciò si aggiungeva l’enorme flusso di immigrati e spacciatori di droga messicani. Tutti fattori che avevano convinto il Congresso alla pericolosità di aprire il sistema statunitense ad economie simili a quella messicana con accordi di libero scambio.
In secondo luogo, al vertice di Santiago apparve chiaro che dopo un iniziale interesse dell’amministrazione verso l’America latina, negli anni successivi Clinton e i suoi erano stati assorbiti da altre problematiche. Clinton negli 8 anni del suo mandato dovette occuparsi di altri contesti geopolitici, dall’Iraq alla Somalia ai Balcani.
Nel corso del suo primo mandato Clinton non visitò mai il Sudamerica. Un altro errore che alienò le iniziali simpatie delle nazioni meridionali verso l’amministrazione Clinton fu la firma che Clinton appose alla legge Helms-burton che inasprendo l’embargo deciso da Eisenhower a Cuba, colpiva gli intereressi delle nazioni sudamericane che mantenevano scambi commerciali con Castro.
Il graduale disinteresse dell’amministrazione democratica verso il Sudamerica su uno dei fattori all’origine dell’indebolimento del processo per la stipula dell’accordo di libero commercio delle Americhe, sia della contemporanea affermazione nella regione latina di strutture di integrazione economica alternative come il Mercosur. Tale organizzazione nacque nel 1991 tra Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay per usufruire dei vantaggi dell’integrazione commerciale attraverso l’abbattimento delle barriere doganali e come primo passo verso la liberazione dell’America latina dalla dipendenza economica dagli Usa.

Tratto da AMERICA LATINA E STATI UNITI di Filippo Amelotti
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