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Aspetti antropologici della festa della porchetta

Il testo sulla porchetta rappresenta una ricerca sul campo, di una festa che non viene fatta più se non in modo simbolico il 24 agosto nei portici della chiesa di san Bartolomeo.
Finì ufficialmente nel 1976 con l’avvento di Napoleone. Questo  testo che è una riscrittura con analisi antropologica della festa della porchetta.
Perché una festa di questa importanza è sparita completamente? Le ricerche della prof. sulla zona alpina hanno scoperto anelli mancanti per l’evidenziazione delle radici storiche sulla festa della porchetta. C’erano state solo delle descrizioni o interpretazioni di tipo ideologico o politico, non veniva detto cosa significasse realmente.  Rivista uscita a dicembre del 2010 che fa riferimento a brani del cantastorie Giulio Cesare Croce che scrive alla fine del 500, utilizzando questa fonte come fonte documentaria,vale come una sorta di tradizione orale.
La festa durava una decina di giorni. Croce ha partecipata a questa festa e l’ha raccontata come cantastorie. Bisogna  ragionare sulle parole del Croce in senso antropologico. La festa partì come una festa medievale nel 200, si correva con i cavalli e i premi finali erano un falcone e una porchetta, premio della gara del palio. Collegamento della festa della porchetta con la festività di san Bartolomeo. Si ipotizzano delle radici perse nella notte dei tempi, miti greci e romani. Divinità sotterranee con questa festa venivano lodate. Divinità potenti, produttrici e divoratrici della vita nel mondo pagano e più vicine all’uomo. Tradizione di buttare maiali nelle voragini della terra. L’antropologia può confrontare dati eterogenei, gli storici non vogliono accettare la validità di documenti non scritti, per noi l’oralità si è trasmessa immutata nei secoli e nei millenni.
Potere dell’occultamento, hanno combattuto per mesi per pubblicare il libro. Si lanciava la porchetta cotta  e profumata su piazza maggiore dal palazzo Enzo, sotto stava il popolo. La prima festa consisteva nel lancio della porchetta, uccelli cotti, monete e doni di ogni tipo, brodo caldo alla fine,il tutto era comico, si giocava per avere il pezzetto di porchetta, aveva un che di carnevalesco.
In tutta la città si scambiavano porchette, per chi non se lo poteva permettere gli anziani del senato facevano doni, si facevano stampe di ogni singola annata della festa, c’è una documentazione per immagini. Lo scopo finale era un momento di rappacificazione, un’azione teatrale che voleva siglare una sorta di patto sociale tra le varie componenti sociali.
L’animale veniva fin dall’antichità mangiato quando si voleva siglare la pace dopo una guerra. Momento utopico fuori dal tempo e dallo spazio.
Passaggio dal crudo al cotto, passaggio di stato e di maturazione, la porchetta. A san Bartolomeo c’era una sorta di passaggio di stato, fine dell’estate e l’inizio dei primi temporali e ci si avviava verso l’autunno. Cambio di stagione, e ci deve essere il cambio dalla bellicosità all’armonia, all’accordo tra le classi. La spazialità viene sempre messa in campo, in questo campo si vuole effettuare un passaggio molto preciso.
Si chiudevano le porte della città, una sorta di giardino paradisiaco e nel cuore della città si effettuava questa rappresentazione che voleva rappresentare la vita ideale delle classi, abbondanza di cibo, questo benessere collettivo mescolato tra popolo e nobili. Strumento di pacificazione rituale,il lancio della porchetta segue un ordine rituale, le cui radici vengono viste nel mondo greco romano, che ha come scopo finale questa pacificazione a livello socio politico.
Noi abbiamo voluto analizzare questa festa per rilevarne l’aspetto educativo e inculturativo.
Libro con un suo saggio con un’ulteriore interpretazione della festa a partire dalle immagini, per la prima volta date al pubblico, vita di Bologna dal 500 fino alla fine del 700.

Tratto da ANTROPOLOGIA CULTURALE di Selma Aslaoui
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