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Itinerario dell'esicasta



Comunque anche i grandi maestri russi del 19° sec ridimensionano l’importanza di esercizi respiratori ed escludono l’onfaloscopia dalla tecnica esicasta, rivolgendosi quasi solo al luogo del cuore. Ma tale semplificazione non è un decadimento. Sappiamo che l’ermeneutica del 20° sec. promuove una comprensione in chiave simbolica di tutte le componenti della tecnica esicasta, dal cuore (Guenon) all’onfaloscopia (Clement), e sul piano teologico chiarisce che il riferimento al cuore indica la fusione di intelletto e amore (discesa dell'intelletto nel cuore) e non un'effusione sentimentale. La semplificazione delle tecniche comporta comunque una riduzione dell’esicasmo all’essenziale. Nello dhikr è meno evidente tale adattabilità. La sua pratica fa raggiungere condizioni interiori dette stati e stazioni. Lo stato è una condizione transitoria, dono di Dio. La stazione è il frutto del lavoro spirituale ed è permanente. Nell’esicasmo invece solo lo stato finale di orazione pura si avvicina alla maqam-stazione.  Semmai tutto il percorso vede una serie di stati elargiti da Dio ma revocabili a ogni istante. Il monaco può anche conseguire in vita la theosis, ma sa che è solo una caparra della vera deificazione. Ma anche l’intinerario esicasta è articolato. Esso conosce varie tappe, anche se non fissate in rigida successione. Lo stato iniziale, legato a una preghiera mentale, può esser soggetto alle fluttuazioni della phantasia  e indurre false visioni ed estasi. Così i padri raccomandano nepsis=sobria vigilanza lungo tutto il percorso. E’ naturale poi che a volte il discepolo provi l’”abbandono di Dio”, diverso dalle “notti dell’anima”. Si dice che serva per l’umiltà necessaria per discendere nel cuore. Lentamente, con lo sforzo ascetico=fatica del cuore, si aprirà l’occhio del cuore. Perché accada, ci si purifichi dai logismoi, fino a raggiungere i recessi più profondi della forza basale che inclina verso la materia. Completata tale purificazione si giunge all’apatheia=impassibilità attiva, forma di padroneggiamento del sentimento, una sensibilità rigenerata ma nella quale può ancora sussistere amor di sé. Di solito questa è accompagnata dal “dono delle lacrime”

Tratto da ASCESI ESICASTA di Dario Gemini
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