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La coniugazione: caratteristiche generali

Nel 1964, Joshua Lederberger ed Edward Tatum scoprirono che le cellule di E.coli trasferiscono geni mediate la coniugazione. I geni responsabili del processo di coniugazione si trovano sui plasmidi in una regione plasmidica definita tra (geni coinvolti anche nella formazione dei pili). I geni tra si possono suddividere in Dtr (DNA transfer and replication), geni per il processamento del DNA e Mpf (Mating pair formation), che include i geni per la formazione del pilo e del canale di contatto tra le cellule. Durante questo meccanismo, il DNA viene trasferito da una cellula donatrice ad una ricevente attraverso un canale intercellulare specializzato, un ponte di coniugazione, che si forma tra le due cellule. Le cellule donatrici hanno appendici sulla superficie cellulare, chiamate pili (F). Il pilo è una struttura tubulare esposta sulla superficie della cellula di lunghezza variabile costituita da copie ripetute di pilina. Quest'ultima proteina è sintetizzata nel citoplasma ed arriva nello spazio periplasmatico tramite il sistema di trasporto Sec (ATTENZIONE: in DNA non passa attraverso il pilo, esso serve solo come organello d'adesione). Tutte le proteine Pap, che andranno a costituire questo organello, arrivano nello spazio periplasmatico con il meccanismo di esportazione di tipo Sec. La proteina PapC è una proteina della membrana esterna che serve da usciere permettendo alle varie proteine di assemblarsi a costituire il pilo. Una chaperonina periplasmatica PapD riconosce le varie proteine che lo andranno a comporre e le accompagna verso la proteina C che faciliterà l'uscita. PapD ha un'affinità elevata per l'adesina PapG e poi man mano decrescente per le altre proteine a seconda della loro posizione nel filamento. Il pilo a differenza del flagello ha una crescita basale. La prima proteina ad essere sintetizzata e posizionata è quindi l'adesina PapG che fa parte del filamento del pilo, una struttura costituita da proteine diverse. Ognuna di queste proteine non può mancare nella sintesi del pilo, altrimenti potrebbero esserci mutanti in cui il pilo è malformato. Comunque il pilo propriamente detto è costituito dal ripetersi di unità della proteina A.
La sintesi di questi pili F è controllata da geni vicini presenti su una piccola molecola di DNA circolare, chiamata fattore F (“fertilità”). I batteri, dunque, che contengono un fattore F sono in grado di trasferire geni ad altri batteri. Allora i pili F di una cellula donatrice prendono contatto con la superficie della cellula ricevente e si avvicinano. Successivamente si forma tra le cellule un canale diretto o ponte di coniugazione, dove avviene lo scambio di DNA (anche la formazione di questo ponte è controllata da geni presenti sul fattore F). Il fattore F può esistere in due stati: (1) uno stato autonomo, in cui esso si replica indipendentemente dal cromosoma batterico o (2) uno stato integrato, in cui è saldamente inserito nel cromosoma batterico e si replica con esso. Comunque una cellula donatrice che trasporta un fattore F autonomo viene chiamata cellula F+. Invece, una cellula ricevente che manca di questo fattore sarà una cellula F-. Quindi quando una cellula F+ coniuga con una F- viene trasferito solo il fattore F ed entrambi le cellule diventano F+ perché il fattore F viene replicato durante il trasferimento. Il fattore F però può integrarsi ,anche, nel cromosoma batterico con eventi di ricombinazione sito-specifica. Allora avremo una cellula che porta un fattore F integrato che chiameremo cellula Hfr (high frequency recombination). Il meccanismo che trasferisce il DNA da una cellula donatrice ad una ricevente sembra essere lo stesso sia quando il fattore F viene trasferito, come negli accoppiamenti tra F+ e F-, sia quando tutto il cromosoma batterico viene trasferito, come negli accoppiamenti tra cellule Hfr e F-. Il meccanismo di coniugazione risulta il seguente: durante la coniugazione, un segmento della molecola circolare di DNA viene tagliato al sito oriT (origine del trasferimento) da un enzima, relaxasi, codificato dalla regione Dtr del plasmide e un'estremità viene trasferita nella cellula ricevente attraverso il canale che si forma tra le cellule in coniugazione. La relaxasi rimane legata al 5' del filamento e viene trasferita nella cellula ricevente con il DNA per effettuare la chiusura. Il fattore F, oppure il cromosoma Hfr che contiene questo fattore, viene replicato durante il trasferimento mediante un meccanismo detto replicazione a cerchio rotante, perché la molecola circolare di DNA “gira” durante la replicazione. Durante la coniugazione nella cellula donatrice viene sintetizzata una copia del cromosoma in trasferimento, mentre nella cellula ricevente viene replicato il filamento trasferito a partire da un primer di RNA che si forma per la trascrizione di due geni denominati ssf e psiD. Questi due messaggeri, vengono anche tradotti per sintetizzare due proteine importanti: la prima è un omologo delle SSB (Sigle Strand Binding protein) di E.coli, ma specifica per il DNA di F, la seconda è una proteina che sopprime il sistema SOS della cellula ricevente che potrebbe attivarsi percependo la presenza di DNA a singolo filamento.
Bisogna ricordare che la regione tra è di circa 35 kb e contiene circa 36 geni la maggior parte dei quali denominati tra ed alcuni trp. Questi geni sono responsabili del processo di coniugazione. Ad esempio il gene traA codifica la pilina, ovvero la proteina che compone il pilo sessuale, i geni traQ e traX codificano proteine coinvolte nella maturazione e nell'acetilazione della pilina, le proteine codificate dai geni traG e traN, invece, sono responsabili del mantenimento del contatto tra le cellule in fase di coniugazione mentre la proteina traD permette la formazione del ponte citoplasmatico. Le proteine TraT e TraS sono, invece, responsabili del fenomeno della esclusione di superficie, ossia mascherano i siti di legame per il pilo in modo tale che non avvenga la coniugazione nelle cellule che hanno già il fattore F. Infine è centrale il ruolo svolto dal prodotto dei geni traI e traY che codificano le nucleasi dando il via al trasferimento del materiale genetico attraverso il ponte citoplasmatico. Nuovi dettagli sul processo di coniugazione furono forniti da Elie Wollmann e Francois Jacob nel 1957 (esperimento della coniugazione interrotta). Essi incrociarono delle cellule:
HfrH di genotipo thr+ leu+ aziR tonR lac+ gal+ strS    (donatore)
F-    di genotipo thr-  leu-  aziS  tonS lac-  gal-  strR   (ricevente)
(aziS/R, sensibile/resistente alla sodio azide; tonS/R, sensibile/resistente al fago T1; lac+/-, può utilizzare/non può utilizzare il lattosio come fonte di carbonio; gal+/-, può utilizzare/non può utilizzare il galattosio come fonte di carbonio; strS/R, sensibile/resistente alla streptomicina; thr e leu sono responsabili della sintesi degli amminoacidi, rispettivamente, treonina e leucina).
Differenti campioni furono rimossi a vari tempi dopo l'inizio della coniugazione tra i due ceppi e furono agitati vigorosamente in un frullatore per rompere i ponti di coniugazione e separare le cellule in accoppiamento. Queste cellule furono poi poste su piastre contenenti un mezzo di coltura con l'antibiotico streptomicina e marcate dagli amminoacidi treonina e leucina. Su questo mezzo selettivo quindi potevano crescere solo quelle cellule ricombinanti che portavano i geni thr+ e leu+ dal genitore HfrH ed il gene strR del fenotipo F-. Quindi le cellule “parientali” sarebbero state uccise. Successivamente queste colonie che sopravvissero furono poste, tramite replica plating, in una serie di piastre contenenti differenti mezzi selettivi, per determinare quali degli altri marcatori del donatore fossero presenti. In questo modo si accorsero che: ogni allele del donatore appariva nel ricevente dopo un intervallo di tempo ben preciso, che gli alleli del donatore si presentavano sempre in una specifica sequenza e che i marcatori che entrano più tardi comparivano in un numero minore di cellule. Questi due scienziati, quindi, si resero conto sulla base degli esperimenti di coniugazione interrotta si potevano costruire delle mappe di associazione dei geni batterici usando come misura della distanza il tempo (espresso in minuti) impiegato da ciascun marcatore del donatore ad entrare nel ricevente. Sempre da questi esperimenti si vide che il fattore F entra per ultimo.

Tratto da BIOLOGIA DEI MICRORGANISMI di Domenico Azarnia Tehran
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