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I fagi per lo studio del DNA

Altri vettori molto utilizzati per clonare brevi tratti di DNA sono i fagi, in quanto avendo la capacità di duplicarsi tramite i batteri, riescono ad ottenere una progenie fagica molto numerosa che conterrà il tratto di DNA da noi considerato. Inoltre, i batteriofagi si possono purificare in maniera semplice, in quanto dopo centrifugazione rimangono nel sopranatante e le cellule batteriche distrutte nel sedimento. Il DNA fagico all'interno del capside del fago λ, preso come esempio, è lineare e termina con due estremità coesive, quindi all'interno del batterio facilmente circolarizza. In questo modo il DNA fagico riorganizza l'apparato trascrizionale dei batteri in modo che comincino a produrre DNA a singolo filamento (con il meccanismo del cerchio rotante) che andrà a costituire l'informazione genetica per la nuova progenie fagica. I ricercatori, studiando in maniera dettagliata il genoma del fago λ hanno visto che è costituito da 49 kb. La testa del fago può contenere fino a 51 kb e per avere una particella fagica vitale il genoma deve essere almeno di 37 kb. Esiste, però, una regione centrale non essenziale per la replicazione e la lisi. Questa regione serve per il ciclo lisogeno in cui il fago non produce molte particelle ma inserisce il proprio genoma nel cromosoma del batterio, e quindi si replica insieme ad esso. Per cui, come si può ben capire, questa regione, detta frammento Stuffer (riempimento), può facilmente essere rimossa e rimpiazzata con il nostro inserto. Alla fine, dunque, avremo un DNA che conterrà in nostro inserto centralmente, mentre al braccio destro e sinistro tutti i geni necessari per la replicazione completa del fago. A questo punto, per far sì che il DNA costruito in questo modo possa inserirsi nella cellula batterica possiamo utilizzare diverse tecniche. Infatti, la trasformazione batterica, ossia l'inserimento di DNA esterno all'interno della cellula batterica, può essere ottenuta mediante shock termico, in cui l'entrata di DNA nelle cellule di E. coli è stimolata da alte concentrazioni di CaCl2, seguite da una breve incubazione a 42 °C, oppure per elettroporazione, un breve impulso elettrico che causa l'apertura temporanea di pori nelle membrane cellulari. In generale, l'efficienza della trasformazione rimane molto bassa, per questo si utilizzano in questi anni dei sistemi di packaging, per impacchettare in vitro il DNA da clonare, in cui di producono tutte le componenti fagiche necessarie per infettare e replicarsi nei batteri.
Una volta giunti a questa fase, bisogna trovare e selezionare il clone che ha acquisito il DNA ricombinante. Infatti, siccome l'efficienza di trasformazione è molto bassa, la maggior parte delle colonie non contiene il plasmide, quindi non è ricombinante. Però come abbiamo visto, tra le caratteristiche più comuni dei plasmidi vi è la resistenza agli antibiotici. Quindi, crescendo la progenie fagica in un terreno contenente un particolare antibiotico, sopravviveranno solo i fagi ricombinanti, che quindi mostreranno la resistenza. Però, quando noi leghiamo il plasmide al DNA avremo delle molecole di plasmide che si sono richiuse che non hanno la nostra sequenza oppure altre ricombinanti che, invece, la possiedono. Comunque, entrambe, possiedono la resistenza all'antibiotico. Per questo occorre un ulteriore selezione. A tale scopo si ricorre all'uso della cosiddetta selezione per α-complementazione, un particolare fenomeno che riguarda la β-galattosidasi (β-gal) di E. coli e che fu studiato negli anni ’60 da J.Monod. Analizzando dei mutanti che esprimevano forme tronche nella porzione N o C-terminale della β-gal, Monod scoprì che due regioni del polipeptide, un dominio N-terminale detto α-peptide e la restante parte detta ω-fragment, anche se espresse separatamente, erano in grado nella cellula di complementare in trans dando luogo all’enzima funzionale. In biologia molecolare si sfrutta questo fenomeno molecolare utilizzando un plasmide che dirige la sintesi dell’α-peptide e un ceppo ospite di E. coli che è mutato nel gene lacZ ed esprime solo l’ω-fragment (mutazione lazΔM15). L’ospite da solo non è quindi in grado di produrre β-gal attiva, ma se in esso viene introdotto il plasmide, che produce l’α-peptide, avviene l’α-complementazione. Utilizzando un particolare analogo del lattosio, l’X-gal, che funge da substrato, è possibile identificare i cloni che esprimono β-gal poiché le colonie diventano BLU su un terreno contenente tale substrato. Infatti, quando la molecola dell’X-gal è idrolizzata dalla β-gal, viene prodotto 5-bromo-4-cloro-indaco di colore blu. Nei vettori di clonaggio plasmidici la sequenza codificante l’α-peptide è stata ingegnerizzata in modo da introdurre dei siti per enzimi di restrizione (MCS) che, pur codificando per amminoacidi aggiuntivi, non perturbano il funzionamento dell’ α-peptide stesso. La sequenza s’interrompe e l’α-peptide non viene più espresso impedendo che avvenga l’α-complementazione se in questi siti viene clonato un frammento di DNA estraneo. In questo caso la colorazione dei cloni, su terreno contenente X-gal, è bianca.

Tratto da BIOLOGIA MOLECOLARE di Domenico Azarnia Tehran
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