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Alcune tecniche particolari di allestimento di colture cellulari

Il clonaggio è una tecnica che ci consente di isolare una popolazione di cellule che discende da un'unica cellula (popolazione omogenea). Questo può essere fatto con due sistemi sperimentali: 1) rimuovere dal monostrato di cellule in coltura alcune cellule e metterle in sospensione e successivamente effettuare della diluzioni seriali per poi effettuare un piastramento a bassa densità. L'ordine di grandezza è dalle 50-250 cellule in una piastra da 6 cm. A questo punto le cellule che aderiranno prolifereranno e formeranno delle colonie. Per raccogliere questi cloni si utilizzando dei piccoli anelli che vengono posizionati nella piastra e sigillati con silicone, in maniera tale da poter aggiungere tripsina al suo interno. In questo modo, prelevando le cellule e mettendole in una fiasca si origina una linea clonare. Un altro modo più semplice 2) è quello di usare dei pozzetti che hanno dimensioni variabili (piastra con 96 pozzetti di dimensioni molto piccoli). Dalla soluzione diluita possiamo calcolare i ml in cui potremmo trovare una singola cellula e mettiamo questo volume dentro un pozzetto. Quindi in questo modo avremo una singola cellula dentro i pozzetti che daranno origine a popolazioni clonali. La crioconservazione, invece, ci permette di mantenere le cellule a temperature molto basse in congelatori dove viene messo azoto liquido. Questo ci permette di creare delle “banche cellulari” che sono utili per evitare contaminazioni e per mantenere la nostra coltura cellulare con costi meno elevati. Esistono delle banche di cellule da cui commercialmente si possono ottenere delle linee cellulari attraverso l'ordinazione in un catalogo. Comunque, le condizioni che bisogna rispettare nella crioconservazione sono: 1) il congelamento deve essere molto lento (pochi gradi al minuto); 2) dobbiamo aggiungere al terreno di coltura un'elevata quantità di siero; 3) dobbiamo, inoltre, aggiungere crioconservanti come il glicerolo; 4) bisogna congelare le cellule in fase logaritmica per garantire che quando si scongelano si possano subito dividere ed aderire al substrato; 5) infine, dobbiamo attuare uno scongelamento rapido (subito a 37 °C). Attraverso la fusione cellulare, invece, l'informazione genetica contenuta in cellule di diversa origine può essere combinata in un singolo nucleo- La fusione cellulare richiede che delle cellule entrino in contatto e include una breve distruzione delle membrane cellulari usando agenti chimici. Quando avviene la ricostituzione delle membrane, le cellule adiacenti possono riformare insieme le loro membrane producendo una singola cellula ibrida.  Inizialmente la cellula derivata da fusione contiene due nuclei (eterocarionte binucleato), ma dopo la divisione cellulare i corredi cromosomici delle due cellule si vengono a trovare dentro un singolo nucleo (sincarionte). E' possibile eseguire la fusione sia su due tipi di cellule che appartengono alla stessa specie (si parla in questo caso di ibridi interspecifici). Nel primo caso la cellula ibrida e' una cellula che conserva l'intero assetto cromosomico delle due cellule di partenza, mentre nel secondo caso la cellula fusa tende ad eliminare i cromosomi appartenenti a un tipo di cellula. Gli ibridi cellulari hanno trovato un largo impiego nelle strategie di mappatura.  La maggior parte degli ibridi somatici usati per il mappaggio di geni umani sono creati fondendo cellule umane e di topo. I cromosomi umani sono trattenuti interamente a caso, con la eccezione del cromosoma che porti il fattore di selezione. E' pero' possibile creare un pannello di tali ibridi, dove ogni linea ibrida contiene un gruppo differente di cromosomi umani.  Perché questo pannello sia utile, e' essenziale per l'utilizzatore sapere quali cromosomi umani sono presenti in ciascun ibrido. Per identificare i cromosomi si utilizzano tecniche citogenetiche, avvantaggiate dal fatto che esistono delle differenze sufficienti tra i cromosomi umani e quelli murini da permettere una facile identificazione.  Una volta che un tale pannello di ibridi e' stato generato, può essere usato nelle varie strategie di mappatura.  La prima tecnica di fusione cellulare che è stata messa a punto prevedeva l'utilizzazione di un virus inattivato ai raggi UV. Essendo tale metodo piuttosto complesso, è stato ben presto abbandonato e sostituito da un metodo più facile e più veloce che utilizza il PEG (glicole polietilenico).  Si parte da cellule umane (in genere fibroblasti o linfociti) che vengono poste a contatto con cellule di topo.  Queste cellule vengono mescolate insieme con l'aggiunta del PEG che produce modificazioni a livello della membrana plasmatica, per cui quando le cellule ricostituiscono la loro membrana possono essere in grado di fondersi.  Comunque questo processo di fusione non è specifico: accanto a cellule ibride vere si possono produrre ibridi topo-topo o uomo-uomo così come possono rimanere cellule non fuse, che anzi di solito costituiscono la maggioranza. E' necessario quindi utilizzare un sistema che permetta di recuperare preferenzialmente gli ibridi cellulari desiderati. Esistono diversi sistemi di selezione. Ad esempio si possono utilizzare dei marcatori oppure tecniche che permettono soltanto alle cellule ibride di sintetizzare il DNA e perciò andare incontro a divisioni cellulari mentre quelle non ibride vanno incontro a morte (sistema HAT). Comunque, due casi in cui è stata utilizzata la produzione di eterocarionti sono lo studio della regolazione del ciclo cellulare e soprattutto nell'identificazione dei vari check-point e la scoperta nel modello a mosaico fluido delle membrane cellule. Infine, per transfezione si intende l’introduzione di molecole di varia natura (DNA,RNA, proteine) in cellule eucariotiche. Solitamente comunque si fa riferimento all’introduzione di acidi nucleici. In questo ultimo caso abbiamo tre fasi: 1) internalizzazione; 2) trasporto nel nucleo e stabilizzazione(spesso questo passaggio non è ben compreso, ma avviene) e 3) espressione del gene trasfettato. Per effettuare questi tre passaggi esistono diversi metodi: chimici con calcio fosfato, lipidi cationici e altri; fisici che includono l' elettroporazione, microproiettili, microiniezione e ed infine transinfezione..  Tutti i metodi chimici si basano sul principio che molecole cariche positivamente reagiscono con il DNA carico negativamente, formando complessi neutri che attraversano facilmente la membrana. Si fanno formare i complessi e poi si gocciolano sulle colture. I complessi vengono inglobati facilmente dalle cellule. Si deve utilizzare il reagente in leggero eccesso per aumentare la carica positiva del complesso che interagisce con la membrana cellulare carica negativamente. Con la metodologia del calcio fosfato si fa incubare il DNA con CaCl2, il Ca2+ interagisce con le cariche negative del DNA e si formano i complessi.
Il vantaggio principale di questa tecnica è che è molto semplice ed economica, ma è poco  riproducibile perché la forma e le dimensioni dei complessi possono variare interferendo con la trasfezione. I lipidi cationici, invece, sono miscele di lipidi neutri e carichi positivamente, che creano in soluzione liposomi in cui i lipidi carichi sono tutti rivolti verso l’esterno. Possono quindi creare complessi liposomi-DNA. Nell'elettroporazione, un metodo fisico, le cellule sospese  in cui è presente il DNA che vogliamo trasfettare vengono poste in specifici contenitori che presentano lastre metalliche,e qui sono sottoposte a uno shock elettrico che causa una grande variazione del potenziale di membrana con una conseguente apertura di pori su di essa; attraverso questi pori il DNA è in grado di entrare nella cellula. Dopo lo shock le cellule tornano al loro normale stato.
Il vantaggio di questa tecnica è che è efficiente in quasi tutti i tipi cellulari, ma si ha un’elevata mortalità delle cellule (50/70%) per cui sono necessari materiali di partenza abbondanti (Le cellule che rimangono in vota però sono quasi tutte trasfettate), inoltre è costosa. I microprotiettili, invece, sono microparticelle ricoperte di oro o tungsteno con il DNA. Queste vengono poi sparate con apparecchiature adatte direttamente all’interno della cellula. È una tecnica poco utilizzata
Con la microiniezione, può essere trasfettata, invece,  una cellula per volta attraverso microiniettitori. Infine, la transinfezione si avvale dell’uso di genomi virali ingegnerizzati, sfruttando la capacità del virus di trasmettere DNA. Tra i virus studiati il più interessante è sicuramente Retrovirus. Come sappiamo nel genoma dei retrovirus sono presenti sequenze di integrazione e sequenze necessarie per la replicazione: Gag (proteine del core) Pol (trascrittasi inversa) ed Env (proteine dell’envelope). Nei vettori retrovirali noi inseriremo le sequenze di integrazione ma Gag Pol ed Env. Per fare formare le particelle virali a partire dai plasmidi inseriremo questi in linee cellulari specifiche che hanno integrato Gag-Pol -Env. In queste cellule si forma quindi la particella in cui si inserisce il plasmide virale. Le particelle virali complete lisano le cellule e fuoriescono. Possono essere raccolte dal terreno di coltura e sparse sulle cellule di nostro interesse; qui le particelle virali potranno solo integrare il proprio genoma, ma non possedendo la sequenza necessaria non potranno ricostituire la particella e quindi non saranno in grado di lisare le cellule. Comunque, tutte queste tecniche vengono utilizzate per: lo studio della regolazione genomica, le analisi di funzione ed espressione delle proteine, la generazione di organismi transgenici e per la terapia genica in vivo ed ex-vivo.

Tratto da BIOTECNOLOGIE CELLULARI di Domenico Azarnia Tehran
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