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Phylum Euryarcheota

Come abbiamo detto, il phylum degli Euryarchaeota, contiene numerosi batteri molto eterogenei tra di loro. I principali generi di alofili estremi sono Halobacterium e Natronobacterium. Questi batteri vivono esclusivamente in habitat ipersalini (laghi salati, saline artificiali) e richiedono per la crescita 2-4 M NaCl (12-24%) e tutti possono crescere in 5.5 M NaCl (32%, saturazione). Si colorano come Gram-negativi, non formano spore, in genere non sono mobili e quasi sempre aerobi. L’organizzazione del genoma di Halobacterium è peculiare, infatti, dal 25 al 30% del DNA cellulare è localizzato su grandi plasmidi con contenuto in G+C (58%) significativamente diverso da quello del cromosoma ( che è del 68%); questi sono tra i più grandi plasmidi presenti in natura (200-900 Kbp). Gli alofili controbilanciano la pressione osmotica ambientale accumulando all’interno della cellula i soluti compatibili come trealosio e glicerolo. Per questo, Halobacterium usa come soluto compatibile lo ione K+: la cui concentrazione intracellulare è enormemente maggiore di quella dello ione Na+ nell’ambiente. Inoltre, le proteine citoplasmatiche della maggior parte degli alofili sono molto acide e povere di aminoacidi idrofobici e di lisina. Queste proteine molto polari, quindi, possono restare in soluzione e nella giusta conformazione in un citoplasma ad alta concentrazione ionica al contrario, di quelle poco polari che tenderebbero, invece, ad aggregarsi e precipitare.
Oltre agli alofili, nel phylum degli Euryarchaeota, troviamo molteplici metanogeni che presentano una notevole eterogeneità di morfologia ma comunque risultano essere tutti anaerobi obbligati. In colture pure di questo tipo di batteri si vede molto chiaramente che questi microorganismi possono trasformare in metano (CH4) e CO2 alcuni composti organici (tranne gli  zuccheri), dunque non possono essere definiti come produttori. I principali gruppi di metanogeni sono: Methanobacterium, Methanocaldococcus e Methanosarcina.
La maggior parte di questi microorganismi usa la CO2 come accettore finale di elettroni riducendola a metano con consumo di idrogeno molecolare. Essi contengono coenzimi insoliti divisibili in due classi:
• quelli coinvolti nel trasporto C1 da CO2 a CH4, tra i quali fanno parte, il metanofurano (MF), gruppo amminico che lega la CO2, la metanopterina, simile all'acido folico, il coenzima M, coinvolto nelle fasi finali e il coenzima F430, che fa parte della metilreduttasi.
• quelli coinvolti nelle ossido-riduzioni, tra i quali fanno parte il coenzima F420, derivato dalla flavina e nella sua forma ossidata emette fluorescenza verde-blu (per questo è utilizzato come saggnio per tutti i metanogeni), e il coenzima B, simile all'acido pantotenico  e che è coinvolto nella tappa finale della metanogenesi.
Le tappe di questo importante processo che porta la CO2 ad essere convertita in metano sono:
1.La CO2 viene trasformata dal metanofurano (MF) a formile;
2.il gruppo formile viene trasferito da un enzima contenente MP e per due reazioni successive portato a gruppo metile;
3.il gruppo metile viene trasferito a un enzima contenente il coenzima M (CoM)
4.il gruppo metile, a questo punto, viene ridotto a CH4 dal sistema delle Metilreduttasi con F430 e il coenzima B (CoB). Queste reazione esoergonica causa il rilascio di protoni attraverso la membrana con la conseguente produzione di ATP.
Oltre all’anidride carbonica, la metanogenesi può essere eseguita a partire da altri composti. I metanobatteri che sfruttano questa particolaritàsi dicono fermentatori e si distinguono in primari e secondari. In linea generale, i fermentatori primari usano come substrato gli zuccheri che convertono prima in acetato, poi in propionato, così in H2 e in fine in CO2 da utilizzare per produrre metano con il metabolismo precedentemente illustrato. Si dicono fermentatori secondari invece, quei metanogeni che partono da un substrato di acidi grassi per poi trasformarlo in H2 e CO2 con un AG0 spesso sfavorevole, che viene però ad essere modificato da batteri patners che rendono le reazioni termodinamicamente favorevoli. In questo specifico caso si parla di sintrofia, un esempio di simbiosi tra due specie microbiche che,in maniera cooperativa, possano degradare a scopo energetico composti che, da soli, non sarebbero in grado di utilizzare.

Un esempio, molto interessante, di metanobatterio è Methanosarcina acetivorans. Questo metanogeno è presente nelle zone lacustri, nelle discariche, nei sottoboschi dove si trovano foglie in stato di decomposizione, nello stomaco dei bovini (essendo un endosimbione) e in molti altri  ambienti. Si tratta, comunque,  del metanobatterio più versatile e riesce a sopravvivere su molti substrati, acetati inclusi. La più grande sorpresa da questo archea arriva però dalle dimensioni del suo genoma. Infatti quest'ultimo consta di 5,7 milioni di coppie di basi ed è il più grande genoma sequenziato negli Archea, basti pensare che è più grande di circa tre voltre di quello di altri metanogeni sequenziati . Il fatto che i genomi di batteri così correlati filogeneticamente sia così diverso solleva numerose domande. I ricercatori, comunque, hanno definito circa 4500 geni di cui approssimativamente 200 sono correlati alla metanogenesi. M. acetivorans, inoltre, sembra possedere i geni che codificano per i flagelli e per la chemiotassi quindi si pensa abbia la capacità di movimento autonomo e direzionato, sebbene ancora nessuno è riuscito ad osservarlo.
Nel phylum degli Euryarchaeota fanno parte anche molti archea con adattamento termofilo ed acidofilo estremo come i Thermoplasma, i Ferroplasma e  i Pichrophilus. Questi ultimi sono i più acidofili e sono in grado di crescere anche a pH 0, mentre gli altri due sono privi di parete e assomigliano a micoplasmi. Thermoplasma resiste a stress osmotici e a temperature e pH estremi  possedendo una membrana con struttura molto particolare. Infatti, quest'ultima contiene, oltre che a glicoproteine, un lipopolisaccaride (analogo del lipoglicano dei micoplasmi) costituito da un lipide tetraeterico legato a un polimero di glucosio e mannosio; la parete contiene anche glicoproteine. Comunque, i principali ipertermofili si raggruppano in quattro specifici generi: Thermococcus, Pyrococcus, Methanopyrus e Archaeoglobus. Tutti questi microrganismi hanno temperature ottimali di crescita superiori a 80° ( ad esempio Pyrococcus circa 100° e può crescere fino a 106°), sono anaerobi obbligati ed utilizzano lo zolfo come accettore finale degli elettroni producendo H2S (acido solfidrico). Methanopyrus, in particolare, è il metanogeno più termofilo con una temperatura pttimale ottimale di 110° e il suo nome deriva dalla produzione del metano direttamente da H2 e CO2 . Archaeglobus, invece, ossida vari substrati (da H2 a glucosio) riducendo SO42- ad H2S e contiene tracce di coenzimi tipici dei metanogeni. A differenza loro però, manca però dell’enzima chiave della metanogenesi. Si può dunque ipotizzare che sia un “ponte” evolutivo di transizione verso i metanogeni.

Tratto da BIOTECNOLOGIE MICROBICHE E AMBIENTALI di Domenico Azarnia Tehran
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