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La liberalizzazione in Cina

Non seguendo la terapia d'urto adottata dai paesi ex Urss, la Cina è riuscita ad evitare i disastri economici, e col suo percorso verso la privatizzazione con caratteristiche cinesi è riuscita a costruire una forma di economia di mercato manipolata dallo stato che ha provocato un'incredibile crescita economica, insieme però al degrado ambientale e alle disuguaglianze sociali. La diaspora del business cinese ha fornito collegamenti con l'estero e Hong Kong, riassorbita nel '97, era già strutturata su basi capitaliste. La Cina ha dovuto accettare compromessi su questi versanti, oltre che con le regole neoliberiste del commercio internazionale stabilite dal WTO (ingresso nel 2001). La tensione politica provocata dalla neoliberalizzazione culminò con il massacro di piazza Tien-An-Men nell'89, il che significava che alla liberalizzazione economica non si erano affiancati progressi nel campo dei diritti umani, civili e democratici. Prima del processo di riforma quasi tutto rientrava nel settore statale. La popolazione rurale era disagiata e non poteva migrare in città a causa di un sistema di permessi di residenza. Le SOE furono salvaguardate per lungo tempo come elementi essenziali per garantire la stabilità del controllo statale sull'economia. Le comuni agricole furono sciolte in favore di un sistema di responsabilità personale su base individuale e fu autorizzata la nascita di un settore totalmente privato. Il capitale straniero, inizialmente limitato a joint venture in certe regioni alla fine arrivò ovunque. A mano che il settore bancario acquistava importanza l'intera economia si spostava verso una struttura neoliberista. La Cina sta assistendo ad una migrazione di massa illegale verso le città, che dispongono dunque di un'immensa riserva di manodopera. Le rimesse di denaro inviate nelle regioni rurali sono una fonte di sostentamento fondamentale. Quando le comuni furono sciolte delle leggi consentirono ai governi locali di prendere possesso dei beni industriali delle comuni e trasformarli in TVE. Queste divennero una fonte di grande dinamismo economico e fungevano da campo di prova per le riforme. La Cina orientò la propria economia sempre più all'esportazione. Negli anni '80 era chiaro che la crescita non veniva dalle SOE, che nel '93 furono trasformate in SpA o in cooperative a partecipazione azionaria. Per ciò che riguarda gli IDE, inizialmente fluirono in quattro specifiche zone costiere meridionali, ma dopo il è95, l'intero paese era virtualmente aperto agli investimenti stranieri. Si passò dalla devoluzione del potere dallo stato centrale alle regioni a meccanismi competitivi di determinazione dei prezzi, il che portò al fallimento di numerose SOE e creò un'ondata di disoccupazione. L'eccedenza di manodopera fu affrontata dando il via a grandiosi progetti infrastrutturali (metro, autostrade, ponti). Su modello Giapponese, in Cina la modernizzazione dell'istruzione e della scienza doveva procedere di pari passo con la ricerca in campo militare e civile, ma alla fine degli anni '90 le aziende straniere hanno iniziato a trasferire una buona parte delle proprie attività in Cina.

Tratto da BREVE STORIA DEL NEOLIBERISMO di Giulia Dakli
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