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La cartografia nei secoli XIX e XX

D'ora in poi le esplorazioni non solo forniscono informazioni sempre più dettagliate sulla parte superficiale del pianeta, ma sono rivolte anche ad indagare sulle cause dei fenomeni osservati, a vantaggio della cartografia, che è in grado di allestire carte sempre più precise. La quantità di informazioni disponibili diventa così imponente da richiedere una selezione cartografica delle notizie stesse considerate per argomento; nasce così la cartografia tematica. Contemporaneamente si sviluppano le carte a grande scala; quasi tutti i paesi europei curano la pubblicazione di carte topografiche dei loro territori, comprese le colonie. In genere il rilevamento era effettuato a scale molto grandi che poi venivano ridotte sensibilmente per la pubblicazione. Le scale utilizzate variano da Stato a Stato e a seconda dell'anno di edizione, ma anche dalle unità di misura utilizzate. Le proiezioni utilizzate possono essere quella conica di Bonne, una policentrica o la cilindrica trasversa di Cassini: il problema era quello di immaginare la Terra un solido geometrico il più possibile vicino alla sua forma reale. L'ellissoide (solido geometrico di rotazione) fu calcolato da Bessel nel 1841. 
Alcuni stati dell'America meridionale utilizzarono cartografi e geografi italiani per il rilevamento dei loro territori. Agostino Codazzi, per esempio, disegnò il Venezuela. È importante anche l'opera di padre Antonio Raimondi, che studiò il tratto peruviano della Cordigliera delle Ande, che osservò e rilevò a lungo, raccogliendo molto materiale mineralogico e geologico.
All'epoca dell'unità d'Italia, i vari stati usavano proprie carte topografiche: in Piemonte era stata usata per oltre un secolo e mezzo la carta a scala 1:120.000 di Giovanni Tommaso Borgonio, la cosiddetta Carta di Madama Reale, costituita da 15 fogli, alla scala 1:190.000 e pubblicata nel 1683. In seguito furono eseguiti altri rilievi e sopralluoghi che servirono per l'allestimento di una carta alla scala 1:50.000, di cui apparve nel 1841 una derivazione a scala più piccola, pubblicata intorno al 1860 con il titolo di Carta Topografica degli Stati di Terraferma di S.M. il Re di Sardegna.
Alla metà del XIX secolo anche la Sardegna aveva la sua carta topografica, alla scala 1:250.000, in due fogli, rilevata dal generale Alberto la Marmora, pubblicata nel 1845. 
Alla fine del XVIII secolo il governo austriaco aveva cominciato a rilevare la parte del territorio italiano a lui soggetto. Per quanto riguarda il Lombardo-Veneto, l'opera fu affidata agli astronomi dell'Osservatorio di Brera. I lavori terminarono nel 1833 con la pubblicazione di una carta in 42 fogli di tutto il territorio alla scala 1:86.400 e nella proiezione di Cassini. Il Veneto era stato parzialmente rilevato alla fine del XVIII secolo: una carta alla scala 1:20.000 era stata pubblicata nel 1780, rappresentava il territorio padovano ed era opera di Giovanni Antonio Rizzi Zannoni. Nel 1806 il Ducato di Venezia aveva già una carta alla scala 1:240.000.
Prima della pubblicazione del Regno d'Italia, i ducati dell'Emilia, la Toscana e lo Stato Pontificio avevano anch'essi una carta topografica alla scala 1:86.400. Per lo Stato Pontificio già dal 1755 era disponibile la Nuova Carta Geografica dello Stato Ecclesiastico, basata su rilievo trigonometrico eseguito dai PP. Cristoforo Maire e Ruggero Boscovich, i quali avevano misurato l'ampiezza dell'arco di meridiano da Roma a Rimini.
Nel Regno di Napoli si erano costruite carte geografiche e topografiche del territorio fin dal XVI secolo, ma il vero impulso fu dato da Rizzi Zannoni, che, in seguito al suo stabilimento a Parigi, conobbe Ferdinando Galiani, segretario dell'ambasciata napoletana, che lo invitò a redigere una carta del Reame di Napoli, basandosi sulle carte già esistenti. La carta fu pubblicata in 4 fogli nel 1769. In seguito volle costruire una carta generale d'Italia su basi astronomico-geodetiche, ma riuscì a portare a termine solo quella del Padovano, piochè dovette recarsi a Napoli per la revisione della Carta del Reame di Napoli del 1769, revisione che durò per un trentennio e si trasformò nell'Atlante Geografico del Regno di Napoli, in 32 fogli, pubblicato nel 1812; il rilievo è rappresentato con il tratteggio semiprospettico (alla cavaliera). Per eseguire i lavori di elaborazione del materiale e del disegno e della stampa delle carte, fondò l'Officina Topografica, che alla sua morte fu trasformata nel Regio Officio Topografico, inglobato nel 1861 nell'Ufficio Tecnico del Corpo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano e definitivamente sciolto nel 1879. Nel 1861 il Regio Officio Topografico aveva cominciato a costruire una carta del territorio napoletano a scala 1:20.000 con curve di livello, che furono usate per la prima volta nel 1728 dall'olandese Cruquius, mentre in Italia furono usate per la prima volta nel 1809 per il rilievo di La Spezia da parte degli ufficiali del Genio di Napoleone. Per la Sicilia il barone von Schmettau aveva rilevato una carta dell'isola alla scala 1:75.000 nel 1729-31, pubblicata in parte. 
Con la proclamazione del Regno d'Italia i servizi cartografici degli Stati italiani confluirono nell'Ufficio Tecnico del Corpo di S.M. dell'Esercito Italiano, che divenne Istituto Topografico Militare nel 1872 e Istituto Geografico Militare nel 1882. Il compito di riordinare il materiale esistente non era facile, visto che i vari Stati italiani avevano adottato scale, proiezioni e sistemi di rilevamento diversi. Dapprima si fece la Carta Topografica delle province meridionali, con proiezione di Bonne, stessi segni convenzionali e elementi formali del disegno e del suo inquadramento e stesso criterio per l'altimetria (curve di livello con equidistanza di 10 m) delle carte del Piemonte e della Sardegna. Visto il successo, questo metodo venne utilizzato per tutto il territorio. Nel 1875 era stata accantonata la proiezione di Bonne e fu adottata quella di Sanson-Flamsteed. Nel 1900 la Carta d'Italia al 100.000 in proiezione di Sanson-Flamsteed (o proiezione policentrica o naturale) fu ultimata. La carta risulta a più centri: ogni elemento è costituito da untrapezio isoscele piano, nel cui centro hanno origine gli assi cartesiani di base per tutti i punti del trapezio stesso; gli assi sono orientati rispettivamente sul parallelo medio e sul meridiano medio del trapezio considerato. Entro il raggio di 15km dal punto di tangenza tra il trapezio e l'ellissoide, la carta può essere considerata „naturale“ (cioè con le tre proprietà fondamentali, equivalenza, isogonia ed equidistanza), e il passaggio dalla superficie curva della Terra a quella piana della carta non ha grandi deformazioni. La carta topografica 1:50.000, detta „quadrante“, rappresenta un territorio pari a ¼ di quello disegnati sul foglio al 100.000. la sua ampiezza angolare è di 10' in latitudine e di 15' in longitudine. Il 25.000, detto „tavoletta“, rappresenta una porzione del territorio pari a 1/16 di quello rappresentato sul foglio al 100.000.
Ma la proiezione policentrica, essendo solo equivalente, non si prestava bene ai fini militari che avevano l'esigenza di considerare territori raffigurati su più fogli; fu necessario, quindi, allo scopo di conservare gli azimut (distanze e angoli) su grandi superfici, abbandonare la proiezione naturale e sceglierne una conforme: nel 1940 fu proposta la proiezione di Gauss. Alla fine degli anni Quaranta, in seguito all'adozione dell'ellissoide internazionale e alla proiezione Universale Trasversa di Mercatore, furono fatte ulteriori modifiche soprattutto ai reticolati. Il numero delle tavolette relative al territorio italiano è di 3.556, in 283 fogli. Il meridiano fondamentale è quello di Greenwich, mentre prima era quello di Roma Monte Mario.

Tratto da CARTOGRAFIA E TERRITORIO NEI SECOLI di Elisabetta Pintus
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