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"Nessun luogo da nessuna parte" di Christa Wolf: il tema della scissione

Il personaggio di Kleist


La Wolf sceglie due personaggi in particolare: Kleist, assimilato a Rita, ma molto diverso, e Karoline Gunderrode.
Kleist nasce in ambiente prussiano, è un aristocratico militare. Sente nascere un interesse letterario, cosa disdicevole in un ambiente in cui lo scrivere è guardato con sufficienza (prima del giornalismo non era concepita l’idea dell’intellettuale in quanto tale). È una figura abbastanza incoerente: da una parte c’è la passione per la Prussica, poi l’amore-odio per la Francia e Napoleone…ha un temperamento difficile.
Dopo un lungo fidanzamento lascia la fidanzata, per un senso di inadeguatezza al mondo borghese. Scrive giovanissimo una piece teatrale ma, insoddisfatto, la brucia. Va a Parigi, ha una crisi profonda, di tipo psichico: lo vediamo infatti entrare accompagnato dal dottore Wedenkind.
Siamo nel 1804, a ridosso dell’ultima crisi. Successivamente, Kleist scriverà due testi molto importanti, “Caterina di Hallbron” e “Pentesilea”: in un periodo in cui si vede la Grecia classica come pilastro della letteratura tedesca e non, come espressione di  armonia , purezza e forma, Klesit scrive che Pentesilea sbrana Achille “di morsi e di baci”. Conseguentemente alla sua scelta intellettuale viene escluso dalla sua società, Goethe lo stronca. Ha successo, ma meno dei suoi contemporanei come Brentano, Holderlin…nel 1811 si suicida con Henriette Woegler.
La Wolf isola il 1804:siamo in un ambiente borghese, a casa di un commerciante ricco e tutto sommato colto. Il tempo dell’azione è brevissimo, appena una giornata. Il salotto è affacciato sul Reno, zona molto frequentata dai Romantici. È come un grande dialogo, in cui tutti parlano con tutti, senza dialoghi diretti ma tramite flussi ininterrotti in cui spesso si captano le conversazioni altrui.


Il personaggio di Gunderrode


L’altra grande figura del racconto è la Gunderrode. È un aristocratica decaduta: su di lei la Wolf  aveva scritto un saggio piuttosto importante “Schatten eines Trums”, “l’ombra di un sogno”: si indaga sull’altra metà del cielo, l’arte femminile.
Già a partire da Virginia Woolf con la sua “stanza tutta per sé” si era indagata la questione: la Wolf fa la stessa operazione, leggendo gli epistolari, i diari…che prima non erano mai stati considerati testi letterari. Questo perché con il ’68 nasce la centralità dell’io.
La Wolf rintraccia anche le amicizie femminili, riscattando l’ambiente privato come momento di rigenerazione personale e intellettuale. Queste donne sono molto colte, e vivono in un ambiente sociale piuttosto libero, anche sessualmente.
Prima del saggio della Wolf la Gunderrode era praticamente ignorata.  Appare un personaggio molto spregiudicato, parla del privato come “zona franca”: c’è un parallelismo con il ritiro dalla vita pubblica della Wolf in seguito al caso Biermann, per cui la Wolf stessa dirà di sentirsi con le spalle al muro. Lo sguardo all’attualità dunque sempre presente.
Si parla del riscatto della fantasia  contro l’inaridimento dovuto alla ratio: si rinnova anche il linguaggio, a favore della riscoperta di una naturalezza, di un’istintività…
Compare anche l’idea di una forma di androginia: i due sessi sono già quasi del tutto standardizzati, ma serpeggia questa idea di “Uomo” che incorpora entrambi.
È un’idea che contrasta quella di maschio monodirezionale, che deve provvedere alla famiglia e basta. Riprende il concetto di Marcuse di “uomo unidimensionale”: l’uomo, nel suo specializzarsi sempre più, ha perso l’umanesimo del suo orizzonte aperto.
Ci sono diverse citazioni reali. Scopriamo che la Gunderrode rappresenta la donna intellettuale, che scrive versi ma usa uno pseudonimo maschile,vivendo una lacerazione dell’io. Quando la sua identità poetica viene svelata viene accolta con ironia, anche dalla cerchia dei suoi amici. Parla, come Kleist, di scarto interiore: la Wolf li prende come esempi di individui scartati da quella Germania che avanza verso il “progresso”: sono due monadi che piano piano entreranno in contatto.
Il “sangue nella scarpa” è una citazione da Grimm, ma anche un riferimento alla storia tedesca, al passato nazista. Sembra quasi una preghiera, il tono è elegiaco, c’è empatia con la scrittura: è la voce autoriale. Winkel sul Reno, il luogo del romanzo, sarà anche il posto in cui la Gunderrode deciderà di suicidarsi  due anni dopo: il gesto è anticipato nel racconto dalla presenza ricorrente del pugnale.
Affiora la figura di Wedekind, il medico, personaggio umano: crede che sia una buona terapia immettere Kleist in un ambiente sociale. Kleist osserva la Gunderrode: cita Holderlin, è sensibile alla luce e si nasconde dietro una tenda.
Lei fa un sogno, legato al suo amore infelice per Savigny. Le citazioni sono autentiche dal suo diario. Arriva Clemens Brentano al braccio della moglie: ci appare gaio, un po’ frivolo e don Giovanni.
Intanto Kleist rievoca la figura di Fuhl, suo amico, a cui lui aveva proposto il suicidio: compare il tema della morte come gesto di affermazione. Si cita Amleto, che diventa una figura di riferimento per tutta la letteratura tedesca che, fino ad allora, aveva guardato alla Francia.
Wedekind considera la letteratura come fantasia, mentre Kleist si rivede in Amleto, vive i suoi travagli…c’è il concetto della letteratura come qualcosa che si immette nella realtà, che parla ai nostri sentimenti.
Ricompare il ricordo della fidanzata di Kleist: c’è la rievocazione di una scena tra innamorati, lui che le chiede di sciogliersi i capelli…
È evidente nella Gunderrode il pudore del corpo e della parola: di tutto vorrebbe parlare meno che della sua poesia anche perché in mezzo c’è una recensione non proprio lusinghiera, che la indica come rielaboratrice di idee altrui.
Compare la moglie di Clemens con il bambino: si vede la diversità del rapporto uomo-donna con il figlio (cfr Ingeborg Bachmann).
Durante il ricevimento si nota una situazione analoga a “il cielo diviso”: si intravede l’ipocrisia, il nascondimento dei sentimenti veri dietro la maschera sociale.


Kleist e il tema della frantumazione


Kleist ricorda un sogno raccontato alla fidanzata: è una scena di caccia al cinghiale. Allude alla difficoltà di Kleist a rapportarsi all’altro sesso, nonostante la fortissima passione. C’è l’incapacità ad adeguarsi ad un mondo che lo vorrebbe imbrigliare nelle sue leggi.  Presente sempre il senso di colpa, pur riconoscendo in quel mondo la mediocrità. Kleist è orfano di madre e non ha una vera e propria infanzia, perché a 15 anni viene mandato all’accademia militare: vive senza affetto, conoscendo la repressione e l’inquadramento in rigidi schemi. La sua poetica è rivoluzionaria: sostiene che l’uomo non è armonia, ma caos, abisso, e compito dell’intelletto è proprio l’esplorazione; in un certo senso anticipa qualche sarà la ricerca di Freud.
La figura che circondano Kleist raggiungono obbiettivi accessibili: vino nel mondo della mediocrità e ci stanno bene.
Bettina suona al piano dei canti appresi dalla cameriere: si riprende l’idea di Herder e tipica del Romanticismo, per cui la poesia viene dal popolo, c’è l’idea del Volkslieder.
Ci si pone la domanda se la letteratura debba, come suggeriva Luckacs, mettere in scena dei personaggi tipici (vedi Balzac) oppure, al contrario, rappresentare l’eccezionale, il folle, l’anomalo. Cos’è autentico? La risposta che si da (pag 40) è che l’autentico passa dall’io, che sia tipico o meno. Cfr anche Tonio Kroger di Mann.
Ci sono riferimenti autobiografici: i disagi successivi al caso Biermann sono riferiti per bocca di Kleist. Anche la descrizione della malattia di Kleist è strana perché esula dagli standard positivi proposti dalla letteratura della DDR.
Pg 45: “legami che mi soffocano se li tollero e che mi straziano se me ne libero”: è un altro riferimento alla situazione personale.
Si accenna alla rivoluzione francese, che aveva molto colpitogli intellettuali romantici, poi delusi dalla svolta napoleonica. Il Kleist storico mediterà di arruolarsi nell’esercito francese per essere mandato in Inghilterra e qui trovare la morte. Si vede come sia, in fondo, uno sradicato.
C’è la separazione tra il mondo delle idee e il mondo del reale, come se fossero diversi. Se l’Arte è separata allora è fine a se stessa,non tocca, non entra nel merito della realtà: questa posizione è rappresentata da Savigny. Invece gli altri, Wolf compresa, sono convinti che l’Arte  entri nella realtà.
Per allentare il ritmo l’autrice usa espedienti letterari come il rintocco della pendola, le descrizioni del paesaggio o i ritratti degli ospiti.
Pg 63: la Gunderrode e Savigny sono appartati. Lui le aveva proibito di mettere l’orologio che le aveva regalato, lei lo ha indossato: c’è un’evidente familiarità, come sinora anche dal particolare del monogramma cucito sulla flanella.
Parlando  di Kleist ci si chiede cosa lo possa aver spinto ad abbandonare il suo paese: è anche un riferimento alla Wolf. Si parla dell’erranza di Kleist: arrivato in Svizzera gli sembra di aver recuperato la dimensione rousseauiana della vita.
Pg 73:contrapposizione tra individualità e collettivo e tra economia (mercato) e verità (scuola, arte e anche scienza).
Entra Lisette, moglie di uno scienziato: è un’amica di infanzia della Gunderrode, ma i riferimenti non sono da interpretare come un accenno di lesbismo…c’era l’abitudine all’effusione, agli scambi di tenerezze.
L’amore non può che essere smisurato, non può essere corrisposto a rate. La fedeltà è illimitata: c’è sempre un oltre, il massimo.
Pg 85: lo scienziato afferma che la scienza può portare ad una felicità addirittura paradisiaca, c’è fede nel progresso.
Crescendo di eccitazione di Kleist, con una supplica al medico: sembra quasi anticipare processi come la lobotomia o l’elettroshock.
Si fa un accenno al Torquato Tasso di Goethe, nel parallelismo TAsso-corte, Kleist-società, Wolf-Stato.
Importanza del dolore perché rende vivi, dà un senso alla vita, tipico tema romantico.
Kleist e la Gunderrode si appartano. Si enuncia la tesi di Kleist: l’individuo è frantumato, lacerato dal destino che coglie i personaggi alle spalle, senza ragione (storia della marchesa di O.); si parla della crisi delle certezza, dopo Kant, che mette in discussione il libero arbitrio.
Emerge la figura di Uriche, sorella di Kleist: fa un viaggio con lui travestita da uomo. C’è un grande amore fraterno, ma segnato di ambiguità: l’ipotesi che viene fatta è che anche le difficoltà di Kleist nel rapportarsi all’altro sesso possono dipendere dall’attaccamento alla sorella.
p.103: il caso, istinti barbari che determinano le azioni.
Kleist appare anche battagliero, desideroso di gloria: c’è l’elemento aristocratico contro Goethe, di famiglia alto borghese, e il desiderio di scavalcare l’epoca precedente.
Kleist non si ritrova nella posizione del militare che può disporre a suo piacimento degli altri.
A pg 114 emerge il senso del titolo: il senso di sradicamento.


Tema del femminismo


 Lo si può dividere in due branche: da una parte c’è chi predica l’uguaglianza dei diritti per le donne e gli uomini, ma dall’altra,  a partire dagli anni ’70 il discorso prende una strada diversa perché si inizia a pensare alla parità come ad una forma di omologazione, per cui si inizia a riflettere sulla diversità.
C’è la riflessione sulla posizione dell’intellettuale femminile, che deve conciliare attività artistica e vita quotidiana.
Pg 123 si accenna un tema poi ripreso in Cassandra: c’è una possibile conciliazione tra amore e distruzione?
La conclusione accenna al destino di perfezione dell’uomo, alla sua evoluzione come possibilità per l’individuo, ma la frase “sappiamo ciò che verrà” pessimista, sia per quel che riguarda i due protagonisti (il suicidio) sia per il futuro della Germania.

Tratto da CHRISTA WOLF: LE OPERE E I TEMI PRINCIPALI di Federica Maltese
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