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Il dramma Shakespeariano: il paradosso di Otello


Otello, destato alla vita da un buffetto del burattinaio, appare da subito una creatura candida, di un candore contrastante con la nerezza del viso e per questo ancora più marcata, ancora più fedele alla retorica shakespeariana del paradosso, espressione dell'ambiguità della natura umana.
Iago, civettuolo, sbatte le palpebre alla vista di Otello. Proprio quel batter di ciglia e la posa languida, forse, sono il segno del segreto movente di Iago: l'essere lui l'innamorato tradito, lui il portatore di luce (Lucifero) che pensava di farsi uguale all'Altissimo. E invece è stato precipitato negli inferi, nelle profondità dell'abisso! (Isaia, 14, 14 – 15).
 Lucifero – sottolinea Harold Bloom – muta in Satana, diventa l'avversario, l'amante tradito e riconosce nell'eletto e rivale Cassio (Cristo?) quei tratti di impotenze e di effeminatezza che intuisce e teme per sé stesso: uno che non ha mai messo in campo uno squadrone, che ne sa quanto una zitellona sull'ordinamento di una battaglia. Uno che la guerra l'ha fatta sui libri, insomma. L'atteggiamento di Iago è definibile in psicanalisi come disconoscimento o ripudio proiettivo: l'espulsione di qualità, sentimenti e desideri che l'Io misconosce o rifiuta in sé localizzandole nell'Altro.
Otello
L'atteggiamento seduttivo di Iago trova del resto facile bersaglio in Otello, che nel dramma shakesperiano sembrerebbe affetto da ciò che psicanaliticamente chiameremmo autointossicazione mimetica, non ricevendo da Iago null'altro rispetto a ciò che egli stesso aveva chiesto, null'altro che non fosse già dentro di lui: una conferma masochistica della propria alterità e il conseguente sentimento intimo di inadeguatezza a beneficiare di un amore caso e onesto. Iago, doppio e rovescio di Otello, l'altro da sé e in sé, gli somministra fedelmente la cura omeopatica: lo guarirà, ma solo quando il paziente, della riacquisita salute, non saprà che farsene.
 Arriviamo così ad un altro aspetto della proiezione, quello della identificazione proiettiva, cioè il trasferimento su un oggetto dei contenuti psichici volontariamente suscettibili di attivazione da parte del soggetto interessato. In questo caso il contenuto psichico dell'identificazione proiettiva è il pensiero sospettoso e l'oggetto è Iago. Che si tratti di omosessualità latente o di sindrome narcisistica poco importa: amare sé stesso e amare Iago ad un certo punto per Otello sono la stessa cosa. Otello passa da un iniziale stato di separatezza ad una compenetrazione con Iago, il soggetto inquinante. Iago e l'io che seduce Otello, il nero di cui ha bisogno l'anima bianca del Moro, lo schiavo di cui è però prigioniero il padrone.

Tratto da CINEMA E TEATRO TRA REALTÀ E FINZIONE di Gherardo Fabretti
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