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Sergio Leone, Sergio Corbucci e Sergio Sollima


Sergio Leone è l’Omero del western italiano, nel 1968 con C’era una volta il west il western italiano diventa Kolossal e raggiunge la sua apoteosi. La musica è elemento fondamentale, non è accompagnamento ma elemento caratterizzante della scena e dell’intreccio, risulta fondamentale nel triello finale del Buon brutto e cattivo in cui si accompagna alla giustapposizione di campi lunghi e dettaglia che dilatano insostenibilmente il tempo dell’attesa. In C’era una volta il west si punta ad un’iconografia più classica che ricorda i western di John Ford.
Leone accosta stilisticamente l’eloquenza dei gesti del muto con il gusto dei dettagli e della verità ereditati dal neorealismo, immenso sforzo nel dosare gli elementi violenti, la suspense, il sarcasmo. Strategia della ridondanza e della dilatazione concorrono alla creazione della suspence prima dei duelli. I tempi morti, le pause e i silenzi vengono mossi a protagonisti.
Sergio Corbucci è uno specialista del western all’italiana ha sondato tutti i registri espressivi possibili si ricorda soprattutto per Django Il grande Silenzio e Vamos a matar Companeros. Django è il primo western iperviolento della storia. Django è il tipico loser che attraversa il west a piedi trascinandosi dietro una bara, è uno dei primi personaggi del west a utilizzare una mitragliatrice. Il grande silenzio è una storia anch’essa sugli sconfitti, eroe al quale sono state recise le corde vocali, il regista riduce al minimo la gamma cromatica filmando un west che sembra quasi in bianco e nero in questo film rimane praticamente solo la strttura e l’ambientazione del western. Inizia poi una nuova fase concentrata sull’ambientazione messicana in cui lavora sulla contrapposizione dei ruoli del pistolero cinico e venale e del peone ignorante e sfruttato che comincia a sentire la necessità della ribellione.
Sergio Sollima realizza tre film importanti come La resa dei conti, Faccia a Faccia e Corri, uomo,corri in cui unisce alle storie d’avventura, della caccia e della vendetta, un’istanza politica in sintonia con lo spirito rivoluzionario che stava percorrendo l’Italia. Riprende gli aspetti dell’ultimo Corbucci accentuando l’incontro tra i due mondi contrapposti, con l’affiorare dei desideri di rivolta nella mente dei peones.

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