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L'importanza del contesto nel film



Dunque un intorno dalla triplice faccia:
- degli enunciati in una sequenza ordinata –componente contestuale –
- un insieme di discorsi tra loro collegati –componente transtestuale –
- delle regole di formazione condivise e applicate –componente istituzionale –
L’intorno è qui rappresentato dalla narrativa, nel senso della storia raccontata dal singolo film, del complesso delle storie esistenti, e delle regole di costruzione di una storia.
Un tale quadro di riferimento – come del resto quello formato dai parametri enunciazionali – può ben assumere il nome di contesto. Entrambi definiscono ciò che ambienta un’immagine e un suono, ma il primo opera disegnando una struttura circolare - anche se progressivamente estensibile –, il secondo indicando un campo generale – si tratta di un vero e proprio intertesto –.
Questa diversità di portata e di taglia obbliga a delle accorte mosse:
- se il primo contesto fissa dei parametri a livello di persone, tempi e di luoghi, e disegna un ambito di manovra,
- il secondo li può riprendere, a patto però di proiettarli su un orizzonte assai più complessivo, e può rispettare l’ambito di manovra disegnato, a patto però di integrarlo in qualche modo nell’insieme.
Le distonie appaiono certo significative, ma sono le compatibilità a risultare essenziali: ciascun passaggio, allora, con la propria struttura enunciazionale, dovrà mostrarsi coerente – non nel senso di meramente conforme, bensì combinabile e adatto1 – con il quadro fissato dal suo testo, dai testi del suo tipo, e dalle regole che li caratterizzano; ne risulta che un’immagine e un suono, un’inquadratura, una sequenza ecc., verranno considerati accettabili se, oltre a possedere una grammaticalità sul piano sintattico e una congruenza sul piano semantico, si riveleranno sul piano pragmatico appropriati al quadro generale del discorso.
Il contesto e l’appropriatezza: gli spostamenti interni ai brani esaminati e l’esistenza di un tabù nei confronti di certi procedimenti dell’interpellazione trovano qui la loro radice.
La questione del tabù: uno sguardo in macchina risulterà appunto proibito in tutte quelle situazioni che richiedono per l’intero arco del film e per il tipo di film che si sta costruendo il mantenimento delle forme del racconto (si pensi ai generi d’avventura: un regime di finzione assoluta, una trasparenza della diegesi, vengono pagati con l’obbligo di nascondere le marche dell’enunciazione), ma risulterà invece prescritto nei casi di commento puro, o permesso nei racconti che sia aprono al commento (ad esempio nelle dichiarazioni filmate, in cui tanto peso ha il farsi del discorso2), o facoltativo nei film che vogliono parlare di se stessi parlando d’altro (ad esempio nei documentari, in cui il rappresentato è una visibile conquista della rappresentazione).

Tratto da CINEMA di Nicola Giuseppe Scelsi
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