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Le visioni negative del cinema

Le visioni negative del cinema


La medesima sollecitazione emerge anche là dove il cinema disegna lo schema al negativo, attraverso degli osservatori che non sfruttano fino in fondo le opportunità loro concesse, o attraverso delle visioni che oppongono un lato misterioso a chi cerca di decifrarle; queste sfasature – per restare a Bunuel, basti pensare ai due pellegrini de La via lattea, mai capaci di afferrare il senso degli avvenimenti cui assistono. O alla donna dai due volti di Quell’oscuro oggetto del desiderio, mai riconosciuta dal protagonista nella sua identità - a partire da uno scacco anziché da un presunto successo ci confermano, e anzi sottolineano, che la messa in mostra di un momento spettatoriale rinvia sempre, per la sua stessa struttura, a quanti oltre i bordi del film proseguono per loro conto la prova, e quindi contiene sempre, già in se stessa, il proprio superamento e la propria negazione. La conclusione cui si arriva è che il vedere è un viaggio ricco di spostamenti, e prossimo ai confini; e parallelamente, che l’identificarsi è alla fin fine un gioco di differenze, e una sfida all’assenza.Tre storie segrete, ma non troppo, visti i riferimenti cui ci hanno condotto.
Tre storie a chiave, che riguardano
- la prima la fragilità dell’enunciazione enunciata, pronta a cedere il passo al puro racconto,
- la seconda il gioco di relazioni a cui sottostà l’osservatore, costretto a misurarsi con chi riveste un ruolo autoriale – l’informatore – e con chi segnala l’esistenza di un’istanza astratta – l’enunciatario –,
- l’ultima la scissione che grava sul punto di ascolto, sospeso tra un’ipotesi offerta da film stesso e un fuori campo a cui non c’è rimedio.
Tre storie perfettamente autoriflessive, dato che aderiscono all’andamento della sequenza e che insieme ce ne spiegano le mosse, suggerendoci cos’è una rappresentazione, specialmente quando ruota attorno ad una soggettiva, e che cos’è il punto di fruizione, specialmente quando si manifesta nel comportamento di un personaggio: è un vedere che si offre allo sguardo, ed è il tuo vedere che si propone quale racconto esemplare.


Tratto da CINEMA di Nicola Giuseppe Scelsi
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