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Protezione e conservazione dei beni culturali

Protezione e conservazione dei beni culturali


L’art.18 affida al Ministero il compito di vigilanza dei beni culturali, salvo forme di intesa e coordinamento, mentre l’art.19 regola l’ispezione: il soprintendente può, in ogni caso e con un preavviso minimo di 5 gorni, salvo casi di estrema urgenza, procedere a ispezioni volte ad accertare la sussistenza, lo stato di conservazione e custodia dei beni culturali.
Innanzitutto all’art.20 sono indicati tutti quegli interventi sui beni culturali vietati in termini assoluti (danneggiamento, uso non compatibile col carattere storico-artistico), mentre all’art.21 quelli che necessitano di autorizzazione da parte del soprintendente o del ministero (spostamento, anche solo temporaneo, smembramento). Questo capo del codice è del tutto innovativo rispetto al T.U. che aveva dedicato grande importanza e centralità al restauro; ora invece, quest’ultimo, ai sensi dell’art.29 comma 4 si configura come un intervento diretto sl bene culturale, ultimo ed estremo volto al recupero dell’integrità fisica del medesimo. Dunque si colloca in una visione dell’intervento diretto sul bene articolata in una serie di azioni che prevedono anzitutto la prevenzione (art.29 comma 2), quale complesso di attività volte a limitare le situazioni di rischio connesse al bene nel suo contesto; la manutenzione (art.29 comma 3) quale insieme di interventi volti ad accertare lo stato di conservazione ed efficienza funzionale del bene, e infine il restauro. La conservazione ha un carattere generale, e ponendosi come attività di protezione del bene rientra a pieno titolo nella tutela anziché nella valorizzazione. La tutela è diretta principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua consistenza fisica e dunque nel suo contenuto culturale, ed è per questo che vi rientra a pieno titolo il restauro. L’art.30 indica tutti quegli obblighi di fare (in senso conservativo) posti a carico dei proprietari, possessori o detentori dei beni, mentre l’art.31 disciplina gli interventi conservativi volontari per i quali i proprietari devono munirsi della necessaria autorizzazione prevista dall’art.21. La procedura per gli interventi conservativi imposti (art.32) è regolata dall’art.33 e si attiva d’ufficio con la redazione di una relazione scritta dal soprintendente che dichiara la necessità degli interventi da realizzare ed è inviata al proprietario il quale può far pervenire le sue osservazioni entro 30 giorni dalla ricezione degli atti. L’art.34 invece razionalizza la disciplina degli oneri finanziari connessi agli obblighi conservativi imposti, stabilendo che essi, pur essendo eseguiti da privati o dall’amministrazione, sono a carico del proprietario, ma in presenza di preminenti interessi connessi al rilevante interesse storico artistico o all’uso e godimento pubblico, lo stato può concorrere in tutto o in parte alla spesa sostenuta (art.35); a ciò si collega l’art.38 che disciplina l’accesso al pubblico dei beni per i quali lo stato abbia sostenuto, tutto o in parte, la spesa per gli interventi, si tratta di stabilire accordi tra Stato e proprietario volti a regolare i limiti temporali di apertura del bene al pubblico. Una novità rispetto al T.U. è data dall’art. 44 riguardante il deposito e la custodia dei beni culturali mobili. Infatti l’art. 48 del T.U. consentiva ai privati possessori di interi archivi o singoli documenti, la custodia presso gli archivi di stato; con la nuova legislazione il meccanismo è esteso a tutti i beni mobili, facendo ricorso al comodato al fine di spingere i proprietari, possessori o detentori a cedere i loro beni, temporaneamente e gratuitamente, qualora si tratti di beni di rilevante interesse o che costutuiscono importanti integrazioni di collezioni pubbliche. Il capo III si occupa anche di altri tipi di tutela quale ad esempio la tutela indiretta. L’art.45 si riferisce infatti a tutte quelle limitazioni imposte dalla pubblica amministrazione per l’uso di beni contigui, prossimi o confinanti a complessi o immobili già oggetto di tutela diretta. Si tratta del cosiddetto vincolo indiretto, cioè di una serie di misure volte alla creazione di una fascia di protezione intorno al bene oggetto di tutela diretta, con lo scopo di proteggere la cornice ambientale; si tratta di tutte quelle prescrizioni volte alla conservazioni di qualità compatibili con decoro, ambiente, integrità e visibilità del bene per cui già è stato riconosciuto l’interesse culturale (ad es. il divieto di traffico o sosta dei veicoli).

Tratto da CODICI DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO di Alessia Muliere
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