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Commento integrato degli artt. 3 e 4 della Legge n. 131 del 2003


Delineate nei tratti essenziali le tematiche trattate nell’ART.1 e nell’ART.2, è significativo sottolineare come tutti gli altri articoli delle Legge “La Loggia”, pur conservando una propria razionalità e funzionalità entro il testo normativo complessivo, siano inerenti ad ambiti di disciplina specifici, già contenuti a priori nei primi due articoli. A questo proposito, l’ART.3 e l’ART.4 riprendono ed integrano, in un impianto legislativo omogeneo, rispettivamente l’ART.1.4 e l’ART.2.
Raccordando gli ARTT.1.4 e 3, il Governo è stato delegato ad una duplice operazione ricognitivo - compilativa, in base a due deleghe caratterizzate da limiti di tempo e criteri direttivi diversi, per sintetizzare un sistema di norme legislative garante di un’attentissima certezza di diritto, relativamente alla ripartizione delle materie legislative tra competenza statale e regionale. Mentre l’ART.1.4 propone l’individuazione e la conseguente stesura di un Testo Unico dei principi fondamentali già in vigore nell’ambito dell’ART.117 da parte del Governo, il corrispondente ART.3 delega il governo ad adottare, entro un anno dalla definizione della suddetta normativa ricognitiva, un Testo Unico delle disposizioni legislative residue vigenti, non aventi carattere di principi fondamentali. 
In entrambi i casi, il Testo Unico si presenta quale nuovo strumento normativo, in cui confluiscono normative precedenti già esistenti, in modo da renderne più facile ed immediata la consultazione, pur non ricorrendo ad una disciplina ex novo; in questo modo, si crea una forte congruenza ed uniformità di disciplina, senza lasciar spazio ad una libera interpretazione delle norme in vigore, dispersiva in quanto plurisoggettiva e possibile causa di illegittimità legislativa in buona fede. Tuttavia, è evidente che, per ottenere un risultato di tale entità, qualunque TESTO UNICO, solitamente, ha in sé un minimo di portata innovativa per quanto concerne il coordinamento delle normativa raccolta o la mera semplificazione del linguaggio tecnico.
Analizzando questo grandioso progetto teorico per il futuro, è presumibile che non sarà possibile realizzarlo in tutti i suoi aspetti, soprattutto se considerato entro i vincoli temporali previsti; comunque, ciò che risalta ai fini pratici è, in un immediato futuro, la possibilità per il legislatore regionale di conoscere quali siano i principi fondamentali di ciascuna materia e quali le norme statali residue, in ogni caso abrogabili o semplicemente modificabili per legge regionale.
Per quanto riguarda il contenuto dell’ART.4, l’attenzione del legislatore delegante si è incentrata sul rapporto dello Stato e delle Regioni con il regime degli enti territoriali, in materia di potestà normativa degli enti locali; infatti, una delle principali novità della riforma costituzionale del Titolo V è di aver costituzionalizzato, per la prima volta, che anche questi ultimi, oltre a realizzare atti amministrativi con contenuto specifico o ad erogare servizi, hanno la facoltà di stilare decisioni a carattere normativo vincolante e generale, rivolte ad un numero indeterminato di destinatari. Dettando questa riserva costituzionale, si è definitivamente tutelato quanto già riconosciuto nella LEGGE N.142 DEL 1990, circa la potestà statutaria in mano agli enti locali per regolare il funzionamento dei loro organi istituzionali e la relativa potestà regolamentare per dettare regolamenti di organizzazione degli uffici e delle loro attività.
Nei tratti generali, questo articolo si presenta come una “norma manualistica”, in quanto ogni comma tratta uno specifico argomento, seppur coordinandolo razionalmente con tutti gli altri punti. Infatti, mentre il primo comma definisce in modo esplicativo ciò che è riportato dal dettato costituzionale in sede di potestà normativa degli enti autonomi, il secondo comma tratta più in particolare del contenuto dello Statuto ed il quarto comma del contenuto del regolamento.
Certamente l’innovazione più significativa si è riversata nell’ambito di una totale riorganizzazione della potestà regolamentare a favore delle autonomie locali, diversamente dalla precedente struttura costituzionale, per cui questo potere era riservato al governo nazionale, che solo, previa legge di deroga, poteva essere attribuito ad un diverso soggetto istituzionale.
Per la prima volta, interpretando liberamente il testo costituzionale e basandosi su quanto già previsto dalla Legge n.142 del 1990, nel terzo comma si definisce il rapporto gerarchico di sovrordinamento statutario rispetto al regolamento (nell’ambito del sistema delle fonti).
Inoltre, per la prima volta, nel quinto comma sono riconosciuti, attraverso legge ordinaria, una propria identità ed un proprio potere normativo alle Unioni di Comuni ed alle Comunità montane ed isolane. Tuttavia, non essendo ancora state esplicitamente identificate nella Costituzione, attualmente sussiste il problema di armonizzare questa novità normativa con il potere dei Comuni.
Infine, l’ultimo comma dell’ART.4 riprende il principio di cedevolezza citato nel precedente ART.3, secondo il quale “fino all’adozione dei regolamenti degli enti locali, si applicano le vigenti norme statali e regionali”.
Concludendo, questa legge di adeguamento costituzionale ha lo scopo di stabilizzare i rapporti istituzionali tra legislatori e di chiarificare la struttura dell’ordinamento italiano; il suo unico limite si riscontra nell’impossibilità di una puntuale realizzazione entro i tempi previsti. Inevitabilmente, essendo soltanto un progetto teorico rivolto al futuro, si presupporrebbe un legislatore statale che, finché le sue deleghe non fossero esercitate, non dovrebbe intervenire più nelle materie di interesse regionale; altrimenti, ogni cambiamento normativo indurrebbe anche una modifica immediata dei decreti delegati.
Non potendo a livello pratico ipotizzare un sistema razionale e statico per così lungo tempo, quasi di sicuro si avranno già in corso di redazione della legge significative modifiche innovative, poiché quest’operazione ricognitiva ha l’unico scopo di inquadrare l’attuale e provvisoria modalità d’attuazione.

Tratto da COMMENTO ALLA LEGGE 131/2003 "LA LOGGIA" di Luisa Agliassa
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