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L’accertamento con adesione del contribuente


Il d.lgs. 218/97 ha reintrodotto nel nostro ordinamento e quel particolare istituto noto con il termine di concordato ma, già a partire dal testo unico del 1958 in materia di imposte dirette, definito come accertamento con adesione.
In occasione della riforma tributaria degli anni ’70, invero, il concordato era stato praticamente bandito, essendo rimasto in vita solo con riguardo all’imposta di registro ed a quella sulle successioni; ma, in seguito, aveva cessato di operare anche in tale ristretto ambito.
Cominciamo con il mettere a fuoco i punti salienti della nuova disciplina.
Per quanto concerne le imposte sui redditi, dal punto di vista del procedimento si prevede l’impulso ad iniziativa:
a. dell’ufficio, che può inviare al contribuente un invito a comparire, nel quale sono indicati i periodi di imposta suscettibili di accertamento, nonché il giorno ed il luogo della comparizione per definire l’accertamento con adesione;
b. del contribuente, il quale, qualora siano stati effettuati nei suoi confronti accessi, ispezioni o verifiche, può chiedere all’ufficio, con apposita istanza in carta libera, la formulazione della proposta di accertamento ai fini dell’eventuale definizione; inoltre, lo stesso contribuente, ove gli sia stato notificato un avviso di accertamento o di rettifica, può formulare anteriormente all’impugnazione dell’atto dinanzi alla commissione tributaria provinciale istanza di accertamento con adesione.
Merita rilevare che mentre l’invito al contribuente è configurato come una mera facoltà dell’ufficio, talché la sua omissione non ha alcuna rilevanza giuridica, è dubbio, nel silenzio della legge, se e quale rimedio abbia il contribuente in presenza dell’inerzia mantenuta dal competente organo dell’amministrazione finanziaria di fronte alle istanze da lui presentate.

Tratto da CONCETTI SUL DIRITTO TRIBUTARIO E SULL'IVA di Stefano Civitelli
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