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La poesia religiosa e l'uso della lingua di Manzoni


La scelta della poesia religiosa e degli inni non è tanto un omaggio ad una tradizione o a un desiderio di testimoniare una fede ritrovata. Lo colpisce invece l’idea di dare voce poetica alle verità di fede e ai sentimenti cristiani, di fare poesia vera, per spostare il significato sull’evento, sul dogma, su quello che esso significa per l’esperienza dei cristiani. Il cristianesimo visto da Manzoni esalta gli ideali di giustizia, uguaglianza sociale e pace. L’”io” del poeta è sostituito dal corale “noi” e prevalgono la preghiera, l’invocazione e l’avvertimento della comune fragilità umana.
La narrazione di un fatto, poi, è un’imitazione, non nel senso di creare cose uguali al fatto stesso ma somiglianti ad esso.

Il coro
Si ricorda anche che lo scrittore tende ad usare il coro, riprendendolo dal teatro classico. Esso non è attribuito ad alcun personaggio ma esprime la riflessione esterna dell’autore.

La questione della lingua
Per quel che riguarda la questione della lingua, Manzoni sentiva la necessità di dar vita senza altri ritardi a una lingua comune che colmasse il divario tra le lingue parlate e la lingua scritta. Manzoni giudica questa unità indispensabile per una reale comunicazione fra gli italiani. Va alla ricerca di una lingua viva e vera che corrisponda ad un uso effettivo e a una società reale e crede di individuarla nel fiorentino parlato dalle persone colte. L’idioma di Firenze risponde al requisito essenziale di una maggiore vicinanza alla lingua scritta. Tra i mezzi per diffondere questa lingua comune, accanto alla proposta poco praticabile di utilizzare maestri fiorentini nelle scuole, Manzoni indicò la compilazione di un vocabolario al quale si dedicò negli ultimi anni della sua vita. Un discorso a parte merita la considerazione che Manzoni ha del dialetto e del milanese in particolare, una lingua in cui diceva di poter parlare per ore senza avere difficoltà. Tuttavia non pensò di poterla usare come lingua letteraria. Infatti è consapevole del carattere regionale del dialetto e quindi della sua limitata possibilità di comunicazione. In più, il dialetto è lingua dell’immedesimazione, funzionale alla satira e alla polemica e quindi meno capace di esprimere il pensiero astratto e la meditazione.

Tratto da CONTRORIFORMA E SECONDO 800 IN LETTERATURA di Gabriella Galbiati
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