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Luigi Capuana, biografia


Nasce a Mineo, in provincia di Catania nel 1839. Abbandonati gli studi di giurisprudenza, si trasferisce a Firenze per coltivare i suoi interessi letterari. Diventa critico teatrale ed esercita per molti anni la professione di giornalista. Legge i romanzi francesi contemporanei e si interessa di scienza e occultismo. Nel 1869 torna nel paese di origine per svolgere le funzione di sindaco e di ispettore scolastico. In questi anni raccoglie anche le sue critiche teatrali in Il teatro contemporaneo. Saggi critici (1872). Nel 1877 va a Milano, dove lavora a stretto contatto con Verga e abbraccia la causa del naturalismo. Pubblica una raccolta di racconti Profili di donna (1877) e Giacinta (1879), che venne accolto come il primo romanzo verista. La prima edizione porta una dedica a Zola e narra la storia di una donna, che dopo essere stata violentata, decide di non sposare l’uomo che ama ma di diventarne amante, per non sentirsi rinfacciare quella lontana colpa e per ribellarsi alle convenzioni sociali che la condannano. Alla fine “l’eroina” si uccide quando il suo amato le confessa di non amarla più. Il romanzo, difeso da Verga, porta alla discussione sul ruolo del narratore che deve nascondersi e lasciare piena libertà all’azione e al carattere dei personaggi. Pare, in base a quanto afferma Capuana, che la storia fosse un fatto di cronaca. Inoltre compone una serie di saggi critici sulla letteratura italiana contemporanea. Sostiene sempre l’idea dell’impersonalità del narratore. Nel 1890, esce il romanzo Profumo, che presenta la storia di un giovane marito impotente, inibito da un legame troppo forte con la madre. La vicenda contiene elementi scabrosi ed è legata ad una tematica scientifica ma ebbe un impatto meno clamoroso di quanto si pensasse, grazie al lieto fine e ad un modo di raccontare non crudo. Del 1901 è Il marchese di Roccaverdina, l’opera più famosa di Capuana. Il romanzo si inspira al Mastro Don Gesualdo di Verga. Il protagonista, resosi colpevole di omicidio, è perseguitato dal senso di colpa fino alla pazzia. Rispetto agli altri, però, tale romanzo presenta una diversa attenzione alla ricostruzione ambientale della realtà siciliana. Capuana pubblica poi una raccolta di fiabe, C’era una volta (1882), e molte novelle, raccolte in Le appassionate (1893) e Le paesane (1894). Si ricordano anche le sue commedie teatrali raccolte nei cinque volumi Teatro dialettale siciliano (1911 – 21). Tenta anche, con scarso successo, di trasportare Giacinta in testo teatrale. Muore a Mineo nel 1915.

Tratto da CONTRORIFORMA E SECONDO 800 IN LETTERATURA di Gabriella Galbiati
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