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Durata del piacere e dolore per Epicuro



Critica un alle affermazioni di Epicuro: la durata non reca contributo alla felicità. E in un tempo breve non si percepisce un piacere minore che se fosse eterno. Tali 2 cose sono incoerenti. Epicuro sostiene che in un tempo infinito non si produca un piacere maggiore che in uno finito e breve. Questo può valere per la virtù. Ma per il piacere? E il dolore? E perché allora Epicuro chiama Dio felice ed eterno? Tolta l’eternità allora Giove ed Epicuro sono uguali? Ecco dunque un sacco di contraddizioni.  Ma chi può fornire al sapiente piaceri del corpo con continuità? Ciò che produce i piaceri non è in potere del sapiente.  Infatti l’esser felice non risiede nella sapienza in sé ma in ciò che la sapienza procura per il piacere. Ma ciò dipende dal caso. Quindi nella visione di Epicuro la fortuna diventa arbitra di felicità della vita, anche se lui lo nega.

CONTRADDIZIONI IN EPICURO NELLE DIFFERENZE TRA PIACERI

Cicerone poi trova contraddittorio che Epicuro da un lato affermi che il vitto modesto produca un piacere non minore del miglior banchetto, e qui lui è d’accordo,  ma dall’altro riferisce tutto al piacere, dicendo che nelle cose spregevoli si prova un piacere non minore. Chi disprezza il piacere in sé può permettersi di dire che non preferisce un’orata a una spigola..ma chi fa consistere il sommo bene nel piacere deve giudicare tutto con i sensi e non con la ragione, e dire ottimo il più gustoso.

DOLORI LUNGHI, BREVI, SOPPORTARE IL DOLORE

Ammettiamo che sia valido anche il 3° punto, che sia facile procurarsi il piacere… e il dolore? Esso c’è,  e nessuno avrà mai certezze relative al suo stato di domani. Quindi il dolore sarà sempre temuto, anche se non ci sarà, perché può esserci da un momento all’altro. Come coesiste ciò con la felicità della vita? Si dirà che Epicuro insegna come trascurare il dolore. Ma ciò è assurdo. Com’è assurdo dire che il dolore grande è breve. “Io vedo che esistono dolori lunghi e lancinanti come filottete morso dall’aspide…e questi dolori si possono sopportare in un altro modo, mostrandosi forti secondo precetti della fortezza”. A Cicerone non piacciono le massime di Epicuro. Secondo lui il dolore trova alleviamento nella virtù, grandezza d’animo, sopportazione, fortezza.

Tratto da "DE FINIBUS" DI CICERONE di Dario Gemini
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