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L’estensione alle direttive della diretta applicabilità (in senso sostanziale)


Svolgendo considerazioni assai simili a quelle sviluppate per affermare la diretta applicabilità delle disposizioni dei trattati che impongono agli Stati obblighi precisi ed incondizionati (come, ad esempio, le clausole standstill), la Corte costituzionale estende questa caratteristica alle decisioni e alle direttive, che presentino le medesime caratteristiche, sottolineando che la circostanza che il Trattato CE riservi la diretta applicabilità ai regolamenti non è argomento sufficiente ad escludere che anche quegli atti possano, quando ne ricorrano le condizioni sostanziali, considerarsi direttamente applicabili.
La direttiva crea in capo agli Stati un dovere di esecuzione che comporta la necessità di misure interne volte a realizzarlo.
In caso di inadempimento, nel termine fissato dalla stessa direttiva, si pone il problema dell’individuazione delle disposizioni suscettibili d’immediata applicazione o, per meglio dire, di quelle che, stabilendo a carico degli Stati obblighi precisi ed incondizionati, creano a favore degli amministrati, a vantaggio dei quali gli obblighi stessi sono stabiliti, diritti soggettivi tutelabili dinanzi ai giudici nazionali.
Sicché l’eventuale diretta applicabilità delle direttive non comporta la produzione di norme all’interno degli Stati membri, ma soltanto di obblighi a carico degli Stati inadempienti ed a vantaggio degli individui.
Ciò spiega perché la diretta applicabilità così configurata valga soltanto nei rapporti tra lo Stato ed i privati (“efficacia verticale”) e non nei rapporti interindividuali (“efficacia orizzontale”).

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