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La disciplina originaria del controllo statale sulle Regioni


Con una formulazione insolitamente dettagliata, l’art. 127 cost. statuiva che ogni legge approvata dal Consiglio regionale doveva essere trasmessa al Commissario di Governo nella Regione, affinché vi apponesse, entro 30 giorni, il “visto”, che consentiva che l’iter di formazione della legge si perfezionasse con la promulgazione e la pubblicazione.
Sempre l’art. 127 cost., prevedeva tuttavia che, entro il termine suindicato, il Governo, nei cui confronti il Commissario fungeva da organi di informazione e collegamento, potesse rinviare la legge stessa al Consiglio, quando riteneva che eccedesse la competenza della Regione o contrastasse con gli interessi nazionali.
Se il Consiglio regionale, a maggioranza assoluta, la riapprovava, il Governo poteva, entro 15 giorni, impugnare la legge davanti alla Corte costituzionale per motivi di legittimità, o davanti al Parlamento per motivi di merito, impedendo così la promulgazione.
Come si vede, si trattava di un controllo “preventivo” (cioè anteriore alla perfezione e all’efficacia dell’atto) costituito da due fasi: quella del rinvio al Consiglio regionale e quella del successivo ricorso davanti alla Corte costituzionale o davanti alle Camere.
Ricorso alla Corte costituzionale: con riferimento ai rapporti tra la fase del rinvio e la fase del ricorso, va sottolineato che, secondo la giurisprudenza costituzionale, condizione irrinunciabile affinché una questione di legittimità costituzionale sollevata davanti alla Corte fosse considerata ammissibile, era che i motivi addotti a suo sostegno coincidessero con quelli del precedente rinvio.
Sempre riguardo ai rapporti tra la fase del rinvio al Consiglio regionale e quella del ricorso alla Corte costituzionale, era pacifico che dopo il rinvio, nel caso di riapprovazione integrale dello stesso testo legislativo rinviato, il Governo avesse a disposizione solo lo strumento del ricorso in sede costituzionale.
Dal momento, però, che nella maggior parte dei casi non si aveva una riapprovazione integrale, bensì l’approvazione di un testo legislativo modificato, si poneva il problema di stabilire in quali circostanze il procedimento di controllo doveva ripartire dalla fase di rinvio, perché le modifiche apportate avevano reso “nuova” la legge, o quando invece ricorrevano le condizioni perché il Governo passasse immediatamente alla seconda fase.
Da qui l’importanza dei criteri da impiegare per distinguere i casi in cui si era in presenza di una legge regionale “nuova”, che poteva essere approvata dal Consiglio regionale a maggioranza semplice e poteva quindi essere oggetto di rinvio da parte del Governo, rispetto a quelli in cui la delibera dell’organo rappresentativo regionale andava assunta nella forma di riapprovazione di una legge “non nuova”, con la conseguenza che doveva essere votata a maggioranza assoluta dal Consiglio regionale, rimanendo aperta per il Governo solo la strada della impugnativa davanti alla Corte costituzionale.
La Corte costituzionale è giunta ad una soluzione nel 1988 sancendo che: “una legge regionale va considerata come “non nuova” in tutte le ipotesi in cui, in sede di riesame, sia stata riapprovata senza alcuna modificazione, ovvero abbia subito modificazioni che si siano limitate ad incidere sulle disposizioni oggetto del rinvio, o comunque, prive del valore prescrittivo”.
Ricorso al Parlamento: venendo al controllo di merito, la Costituzione, come si è visto, affidava alle Camere il compito di verificare che le leggi regionali non contrastassero con gli interessi nazionali e con quelli delle altre Regioni, ma lasciava l’interprete di fronte a numerosi dubbi procedurali: quale sarebbe stata la sorte della legge regionale se le due Camere avessero adottato decisioni diverse l’una dall’altra, quale questione avrebbe avuto la priorità nel caso fossero poste contemporaneamente sia la questione di legittimità sia quella di merito, ecc…
Le soluzioni ipotizzate non hanno potuto misurarsi con la prassi, dal momento che il controllo di merito è rimasto sempre inapplicato.

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