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Vicende dell’atto normativo e vicende delle norme


Ciò che caratterizza l’efficacia dell’atto normativo rispetto a quella degli altri atti giuridici, è il suo carattere permanente o stabile, nel senso che le disposizioni in esso contenute, nella loro generalità ed astrattezza, non solo si dirigono a destinatari indeterminati, ma aspirano a permanere durevolmente nell’ordinamento.
In altre parole l’atto normativo non si esaurisce con la sua emanazione, ma immette nell’ordinamento, attraverso le disposizioni che lo compongono, norme destinate a distaccarsi dalla volontà del loro autore per entrare a formare, insieme con le altre che già ne fanno parte, il sistema normativo.
Si parla, a tal proposito, di atto istantaneo con effetti permanenti.
La distinzione tra l’atto normativo e le norme che esso produce, istantaneo l’uno permanenti le altre, consente di scindere i profili attinenti alla validità dell’uno da quelli concernenti la validità delle altre: i primi riguardano il procedimento di formazione dell’atto, gli altri il suo contenuto dispositivo.
Pertanto i vizi dell’atto ne provocano l’invalidità totale, determinandone, alle condizioni previste per ciascun tipo, la caducazione con tutte le norme da esso prodotte; mentre i vizi della o delle norme determinano l’invalidità e l’eventuale caducazione delle sole norme che ne siano inficiate.
Le vicende delle norme si collocano sul piano dell’interpretazione del diritto da parte degli operatori in occasione della loro applicazione: esse, pertanto, risentono non solo dell’inevitabile soggettività degli interpreti, ma della presenza nell’ordinamento di altre norme, di diverso grado ed importanza e di principi generali con i quali essa fanno (o devono fare) sistema.

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