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La fase integrativa dell'efficacia nel provvedimento amministrativo

La fase integrativa dell'efficacia nel provvedimento amministrativo


Chiusa la fase decisionale con l'adozione del provvedimento, il procedimento sembrerebbe esaurito, ma è stata riconosciuta un'ulteriore fase: integrativa dell'efficacia, definita, dell'integrazione.
In passato la sua presenza dipendeva da un previsione normativa, ma oggi si deve pur riconoscere che la stragrande maggioranza dei provvedimenti acquista efficacia soltanto a seguito della loro fase d'integrazione. L'efficacia del provvedimento emanato nella fase decisoria (e quindi conclusivo del procedimento) dipende dall'adozione di quegli atti di compimento, di pubblicità e di controllo, variamente previsti dal diritto positivo nella fase d'integrazione.
Gli atti di compimento paiono rispondere più ad un autonomo sviluppo della procedura esecutoria che alla fase di integrazione dell'efficacia: ad es. la protocollazione del documento contenete il provvedimento, la presa di possesso della res nella requisizione, il giuramento di un pubblico dipendente per l'incardinazione nell'ufficio o nell'organo, sono certamente atti di completamento esecutivo che non incidono sull'efficacia ma sull'esecuzione del provvedimento. Ecco perché dovrebbero essere considerati estranei alla struttura del provvedimento amm., in quanto non rientrano nella sua fase di integrazione dell'efficacia.
La nuova normativa pare assegnare alla comunicazione una specifica presenza procedimentale, successiva alla fase decisoria e quindi riconducibile alla fase di integrazione dell'efficacia. Adottato il provvedimento espresso l'amm. procedente deve informare gli interessati dell'avvenuta conclusione del procedimento. Il principio della partecipazione non potrebbe escludere la conoscenza del provvedimento finale.
Quando le ragioni della decisioni risultano da un atto dell'amm. richiamato alla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest'ultima deve essere indicato anche l'atto cui essa si richiama.
Il provvedimento di diniego, preclusivo per la formazione del silenzio significativo, deve essere comunicato all'interessato entro il termine finale del procedimento. Infine l'inizio del procedimento è comunicato ai soggetto nei confronti dei quali il provvedimento è destinato a produrre effetti diretti. Se la comunicazione dell'avvio del procedimento è obbligatoria ex lege, parimenti si deve ritenere doverosa la comunicazione ai soggetti interessati la tempestiva chiusura dello stesso, cioè l'informazione se il procedimento entro il suo termine finale, si è concluso con un provvedimento espresso.
La comunicazione del provvedimento deve essere fatta tramite quelle misure di pubblicità previste dalla legge generale per dare notizia dell'avvio del procedimento. Il responsabile del procedimento deve curare le comunicazioni anche mediante notifica, dei provvedimenti conclusivi dei procedimenti da lui gestiti. Nella comunicazione devono essere indicati il termine e l'autorità cui è possibile ricorrere contro il provvedimento, il quale dovrà essere trasmesso in copia, anche per estratto, contenente in forma estesa e completa, l'intera parte motiva.
Un problema rimarrà sempre quello dei tempi della comunicazione.
La soluzione di far coincidere il tempo del provvedimento con la comunicazione sembrava troppo gravosa per l'amm. agente. In sede di autoregolamentazione il problema dovrebbe trovare determinazione con il fissare un termine entro il quale la comunicazione dovrà obbligatoriamente intervenire. La differente scansione temporale, tra l'adozione del provvedimento e la sua personale comunicazione ai soggetti interessati fornirà un'ulteriore conferma della necessaria presenza nella struttura del provv., di una sua fase di integrazione cronologicamente successiva a quella decisoria.   

MOMENTO TEMPORALE DELLA PERFEZIONE E DELLA EFFICACIA: IRRILEVANZA NELLA VALIDITA'

Già nel momento temporale di loro maturazione, la perfezione e l'efficacia assumono un particolare spessore. Solitamente il provvedimento si ritiene perfetto quando è terminato con la sua adozione, il relativo procedimento di formazione. Per contro il provvedimento si ritiene efficacia quando è conclusa la sua fase integrativa, sicché è idoneo a produrre gli effetti giuridici voluti dall'amm. procedente, nel disporre quello specifico regolamento degli interessi ponderati nel provvedimento. Perfezione ed efficacia individuano 2 momenti temporali diversi che possono risultare distanziati e differenziati nel tempo: in genere si assiste ad una anticipazione della prima (perfezione) rispetto la seconda (efficacia), concorrendo così a creare una specie di limbo in cui è collocato il provv. perfetto ma non ancora efficacie. Questo stato di pendenza sembra essere la regola più costante.
Più raramente vi può essere coincidenza temporale dei 2 momenti e ancor meno ricorrente è l'ipotesi in cui l'efficacia anticipa la perfezione (caso della retroattività del provvedimento).
Il provvedimento è valido perché immune da vizi quindi è chiaro che la perfezione e l'efficacia non rientrano in questo concetto.  La validità si colloca in un'area completamente diversa dalla perfezione del procedimento e dall'efficacia dell'atto provvedimentale. Pertanto: un provvedimento perfetto può essere invalido; un atto invalido può essere perfetto ma non efficacie; l'atto perfetto può essere ancora inefficacie ma valido!

Tratto da DIRITTO AMMINISTRATIVO di Beatrice Cruccolini
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