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Controllo e collegamento con società di stati “a rischio”


Gravi dissesti di società quotate o con titoli diffusi tra il pubblico hanno rivelato la costituzione e l’utilizzazione, all’interno del gruppo, di società c.d. off-shore per il compimenti di atti pregiudizievoli ovvero per celare o rendere più difficile la scoperta di perdite.
Si tratta di società aventi sede in Stati più o meno esotici e caratterizzati da una disciplina societaria e fiscale poco “attenta” alle regole sulla trasparenza e completezza delle informazioni societarie e sui controlli sulla gestione.
Al fine di prevenire questi fenomeni il TUF prevede un’articolata disciplina dei rapporti con società estere aventi sede legale in Stati “che non garantiscono la trasparenza societaria”.
Per tali si intendono gli Stati compresi nella “lista nera” del ministero della giustizia la cui disciplina società sia carente.
Se una società italiana quotata o i cui titoli siano diffusi tra il pubblico in maniera rilevante controlla società aventi sede in Stati “a rischio”, essa è tenuta a osservare una serie di obblighi informativi.
Inoltre, il revisore della società italiana deve procedere direttamente a verificare il bilancio della società controllata estera anche se non v’è l’obbligo di revisione in base alla legge della società estera.
Va poi redatta una relazione specifica sui rapporti intercorrenti con la controllata estera.
Infine, la Consob può prevedere limitazioni alla possibilità stessa di detenere partecipazioni di controllo in società aventi sede in tali Stati.

Tratto da DIRITTO COMMERCIALE di Stefano Civitelli
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