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L’invalidità delle deliberazioni


La legge delega alla base della riforma prevedeva che in materia si dovessero contemperare le esigenze di tutela dei soci e quelle di funzionalità e certezza dell’attività sociale; il legislatore delegato ha nettamente privilegiato l’istanza efficientistica e di stabilità delle delibere assembleari limitando significativamente gli spazi per ottenere la rimozione degli effetti delle delibere invalide (c.d. tutela reale) e spostando la tutela del socio sul piano del risarcimento del danno (c.d. tutela obbligatoria).
Il sistema dell’invalidità delle delibere assembleari si articola nei due classici vizi dell’annullabilità  e della nullità ancorché essi siano diversamente modulati e regolati rispetto al diritto comune.
Specifico fine della riforma è stata l’eliminazione dall’ambito delle figure patologiche della categoria della c.d. inesistenza delle delibere assembleari.
Inesistenti erano ritenute quelle deliberazioni per le quali la mancanza di un elemento costitutivo del procedimento determinava una fattispecie solo apparente.
Altro possibile vizio della delibera assembleare è l’inefficacia, che si ha nell’ipotesi in cui il suo oggetto sia estraneo all’organizzazione sociale, per esempio incida su diritti individuali di soci o di terzi.
Tale vizio può essere fatto valere da chiunque vi abbia interesse e in ogni momento; non è neppure necessaria una formale impugnativa della delibera al fine di rimuoverne effetti vincolanti che, in realtà, non sono suscettibili di prodursi.

Tratto da DIRITTO COMMERCIALE di Stefano Civitelli
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