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Evoluzione storica della contrattazione collettiva

EVOLUZIONE STORICA DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA


Nella fase post costituzionale ci siamo trovati in presenza di contratto efficaci erga omnes? No.
La contrattazione collettiva che si è sviluppata nella fase post costituzionale non riflette l’iter presentato dai commi 2 e ss. dell’art. 39 Cost.
Ma perché allora questo modello di contrattazione collettiva non ha avuto sviluppo nella fase post costituzionale?

1. Ragioni storiche: a questo modello veniva associata un’attività di controllo dei sindacati, perché i sindacati per realizzare una contrattazione ad efficacia generalizzata avrebbero dovuto sottoporsi a registrazione, avrebbero dovuto assicurare la condizione secondo la quale lo statuto fosse a base democratica e solo a quel punto avrebbero acquisito personalità giuridica. Registrazione: si scopriva il numero di membri, si controllava lo statuto. I sindacati non volevano sottostare a questo iter, perché uscivano dal ventennio fascista, momento storico in cui la libertà sindacale era contrastata.
2. Ragioni contingenti: avevano a che fare con lo scenario delle relazioni industriali di quegli anni. La forza politica egemone era di ispirazione cristiano cattolica. La forza politica antagonista 

era di matrice socialista e comunista. Queste espressioni politiche avevano anche il loro riflesso in ambito sindacale. Associazioni sindacali ≠ partiti, ma si ispiravano a taluni principi. 
La forza politica minoritaria era socialista comunista, ma la forza sindacale minoritaria era quella cristiano cattolica.
I sindacati vengono rappresentati in proporzione ai loro iscritti: dare attuazione a questo schema avrebbe mostrato la prevalenza dello schieramento socialista comunista, che avrebbe rappresentato il rovesciamento degli equilibri politici.
Quindi i politici frenarono l’attuazione dell’art. 39 Cost., per scongiurare un ribaltamento politico.

Ma questo modello di contrattazione collettiva (che poi non ha avuto attuazione) in che rapporto si pone con il modello di contrattazione collettiva precedente alla Costituzione? Continuità, rottura?
Durante il periodo fascista la contrattazione collettiva era valida erga omnes. La vita sindacale era molto costretta da limiti e vincoli, sorvegliata dalla politica. I soggetti negoziali avevano personalità giuridica e le norme prodotte dall’autonomia sindacale avevano rilevanza a livello di fonti normative vere e proprie.
Nell’art. 5 delle preleggi viene indicato che le norme frutto della contrattazione collettiva rappresentavano a tutti gli effetti fonti normative dell’ordinamento giuridico. Si vuole preservare l’efficacia erga omnes, per tutelare i lavoratori, ma sottolineando i criteri di democraticità,..
La Costituzione quindi eredita già un modello di contrattazione collettiva erga omnes. Si trattava di norme ad efficacia generalizzata (fonti tecniche dell’ordinamento). 

Perciò da un punto di vista storico si sono avvicendati almeno 3 modelli di contrattazione collettiva:
1. Il contratto collettivo corporativo (nella fase antecedente la Costituzione)
2. Il contratto collettivo visualizzato dalla Costituzione (in base a criteri e caratteristiche di soggetti stipulanti e dal punto di vista dell’efficacia, art. 39 Cost. commi 2° e ss.)
3. Il contratto collettivo post costituzionale (o post corporativo – sviluppatosi indipendentemente oltre quanto la Costituzione aveva previsto)

Tratto da DIRITTO DEL LAVORO di Francesca Morandi
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