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Il diritto comunitario ed i rapporti col diritto interno

Nell'ultimo decennio ha assunto sempre maggiore importanza l'ordinamento comunitario, ossia l'insieme di norme risultanti dai Trattati e da altre fonti pari ordinate agli stessi in forza dei Trattati europei. 
In base ai Trattati le istituzioni europee possono emanare direttive e regolamenti: i regolamenti hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i propri elementi e sono da subito validi all'interno dell'ordinamento dello Stato membro, facendo insorgere diritti da subito tutelabili dinanzi ai giudici nazionali; le direttive, invece, sono rivolte agli Stati membri e vincolano i vari Paesi solo negli scopi e nei principi, lasciando un margine di discrezionalità nella scelta delle forme e dei mezzi tramite i quali dare applicazione alla direttiva stessa. Non producono, quindi, da subito effetti all'interno dell'ordinamento, salvo il caso in cui la direttiva risulti particolarmente dettagliata e sia scaduto il termine per l'attuazione da parte dello Stato membro: in tal caso la direttiva ha anch'essa efficacia diretta. Tale effetto, però, si ha solo nei rapporti verticali, tra privato e amministrazione pubblica, ma non vige nei rapporti orizzontali, tra privati, essendo destinatari dell'atto solo gli Stati membri e non i singoli. 
Ovviamente nel momento in cui sorge un contrasto tra norme interne e norme comunitarie, il principio del primato del diritto comunitario impone al giudice nazionale di disapplicare la norma interna e dar luogo a quella comunitaria, come ribadito dalla Corte di Giustizia e dalla stessa Corte Costituzionale italiana, salvo il caso in cui la norma comunitaria non entri in contrasto con i principi cardini dell'ordinamento. 

Tratto da DIRITTO DEL LAVORO di Alessandra Infante
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