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La mora credendi del datore di lavoro

Noi sappiamo che in un qualsivoglia rapporto obbligatorio oltre alla più frequente mora del debitore, può sussistere anche la mora del creditore (mora credendi o accipiendi), il quale può, con un suo comportamento, rifiutare la prestazione del debitore od impedirgli di eseguirla. E' il caso della cosiddetta “serrata”, che si ha nel momento in cui il proprietario di una fabbrica/azienda, insomma l'imprenditore, chiude i locali lavorativi ed impedisce ai lavoratori di entrarvi e di esercitare le proprie prestazioni. Alla serrata la Corte Costituzionale ha riconosciuto irrilevanza penale, ma ha attribuito rilevanza civile, in quanto configura un'ipotesi di mora del creditore. Il creditore viene costituito in mora, essendo quella lavorativa un'obbligazione di facere, con la sola intimazione da parte del debitore di ricevere la prestazione o di cooperare per riceverla. Nel rapporto di lavoro, tale cooperazione prende il nome di substrato reale della prestazione lavorativa. Ovviamente per essere costituito in mora, il creditore non deve avere un legittimo motivo per la mancata cooperazione: in caso contrario, ossia in presenza di un motivo legittimo, la mora è esclusa e la prestazione diviene impossibile, facendo perdere al prestatore il diritto alla retribuzione, che invece conserva in caso di mora credendi. 
In caso di mora il datore di lavoro deve il risarcimento del danno, in aggiunta alla retribuzione, oltre a vedersi attribuito il rischio di impossibilità sopravvenuta della prestazione per cause di forza maggiore.

Tratto da DIRITTO DEL LAVORO di Alessandra Infante
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