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Diritto ecclesiastico dal 1848 al 1929

Diritto ecclesiastico dal 1848 al 1929

Lo Statuto Albertino, concesso nel 1848, proclamava il principio che la religione cattolica apostolica romana è la sola religione dello Stato e che gli altri culti sono semplicemente tollerati conformemente alle leggi.
Con la legge Sineo 735/1848, volendosi togliere ogni dubbio sulla capacità civile e politica dei cittadini che non professassero la religione cattolica, si stabilì che “la differenza di culto non forma eccezione al godimento dei diritti civili e politici e all’ammissibilità alle cariche civili e militari”.
Vanno poi ricordate le c.d. leggi Siccardi, che abolirono il privilegio del foro ecclesiastico (per cui gli ecclesiastici erano sottratti, qualora si fossero resi autori di fatti penalmente rilevanti, alla giurisdizione dello Stato e affidati al Tribunale del Vescovo).
Per i governi liberali della seconda metà dell’800 il problema fu quello della fondazione dello Stato moderno, che doveva essere caratterizzato dalla identificazione di laicismo e libertà.
Del 1865 fu l’emanazione del codice civile che introdusse il matrimonio civile come unica forma valida ed efficace per lo Stato.
Furono di quel periodo anche le c.d. leggi eversive dell’asse ecclesiastico, che provvidero alla soppressione di corporazioni e associazioni religiose e degli enti che non attendessero alla cura d’anime, all’educazione o all’assistenza religiosa, togliendo loro la capacità di acquistare e di possedere (e quindi la personalità giuridica).
Dopo la presa di Roma del 20 Settembre 1870 da parte delle truppe italiane, che aveva provocato la fine dello Stato Pontificio, la legge più importante fu indubbiamente la legge delle Guarentigie Pontificie, che fu legge unilaterale dello Stato (l. 214/71), emanata per salvaguardare la persona del Sommo Pontefice, garantiva inoltre la intangibilità della “città Leonina” (che pur era sotto la sovranità italiana) in cui il Pontefice risiedeva.
Tale legge non fu accettata dal Pontefice e la “questione romana” rimase aperta con profonde lacerazioni negli equilibri del nuovo Stato (come la non partecipazione dei cattolici alla vita politica).
Infine, il codice penale del 1889 (c.d. codice Zanardelli), introducendo il Capo intitolato “Diritti contro la libertà dei culti”, abolì la categoria dei reati contro la religione e tutelò in modo uguale la situazione di ogni cittadino credente.

Tratto da DIRITTO ECCLESIASTICO di Stefano Civitelli
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