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Evoluzione e principi generali dell'insegnamento della religione cattolica


L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche ha costituito da sempre motivo di dibattito, rappresentando un tema che vede coinvolti, oltre al diritto fondamentale di libertà religiosa del singolo, l’impianto complessivo delle relazioni tra Stato e confessioni religiose.
Nel nostro ordinamento si sono pertanto succedute nel tempo differenti discipline dei rapporti tra scuola ed insegnamento religioso.
La legislazione liberale ottocentesca aderì infatti tendenzialmente al modello separatista classico, introducendo, con la legge Casati (1859), le basi per la prima rete di scuole pubbliche statali.
Con la caduta della Destra storica, il processo di laicizzazione scolastico venne incrementato: aboliti i direttori spirituali ed escluso l’insegnamento religioso nelle scuole secondarie dalla legge Coppino (1877), successivi provvedimenti regolamentari disposero che nelle scuole elementari l’insegnamento <della religione cattolica fosse mantenuto per gli alunni che ne avessero fatto richiesta.
Un radicale mutamento di prospettiva si verificò con l’instaurarsi del nuovo regime e la realizzazione, nel 1923, della c.d. riforma Gentile, la quale introdusse nuovamente l’obbligo di insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche elementari.
Il Concordato del 1929, conformemente al riconoscimento della religione cattolica come religione di Stato, si pose sulla stessa linea avviata dalla riforma del 1923, estendendo altresì la formula gentiliana alle scuole medie inferiori e superiori; in tutti i gradi di istruzione venne tuttavia consentita la possibilità di esenzione dall’insegnamento religioso per gli alunni i cui genitori ne avessero fatto richiesta scritta all’inizio dell’anno scolastico.
Tale quadro è stato, da ultimo, modificato con l’Accordo di Villa Madama, nel quale lo Stato italiano, “tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte integrante del patrimonio storico del popolo italiano”, si è impegnato a continuare ad assicurare “l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado”.
Se nel Concordato del 1929 l’insegnamento obbligatorio della religione cattolica appariva dunque principalmente uno strumento politico, dal complesso delle nuove disposizioni emerge il riconoscimento dell’importanza del ruolo svolto dall’educazione religiosa ai fini della formazione della coscienza individuale dei giovani.
Tale rinnovata presa di coscienza della funzione svolta dall’insegnamento religioso all’interno della scuola pubblica, delineata nel nuovo Concordato, trova riscontro anche nelle intese concluse con le confessioni diverse dalla cattolica laddove lo Stato riconosce “il diritto di rispondere alle eventuali richieste provenienti dagli alunni, dalle famiglie o dagli organi scolastici in ordine allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni”.
In detto quadro normativo resta tuttavia dominante il ruolo assegnato all’interno dell’ordinamento scolastico all’insegnamento della religione cattolica; per gli altri culti la presenza confessionale nella scuola risulta infatti attivabile solo su richiesta.
Ciò che accomuna i diversi culti è invece l’applicazione del c.d. principio della facoltatività in materia di insegnamento religioso, posto che tale insegnamento confessionale risulta per tutte le confessioni in ogni caso fruibile solo in forza di una specifica decisione in tale senso da parte del singolo.
Il Protocollo Addizionale al Concordato precisa, inoltre, strumenti ed indirizzi per una esatta attuazione dell’Accordo di Villa Madama.
In particolare, viene sottolineato come l’insegnamento della religione cattolica debba essere impartito, “in conformità alla dottrina della Chiesa” e “nel rispetto della libertà di coscienza degli alunni”, da insegnanti riconosciuti “idonei” dall’autorità confessionale e nominati, d’intesa con quest’ultima, dall’autorità scolastica.
In attuazione della suddetta previsione, il Ministero della Pubblica Istruzione e la CEI hanno sottoscritto un’apposita intesa (d.p.r. 751/85), modificata col d.p.r. 202/90.

Tratto da DIRITTO ECCLESIASTICO di Stefano Civitelli
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