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Il potere di nomina dei professionisti e liquidazione dei compensi


Particolare importanza hanno i poteri del giudice delegato rispetto alla nomina dei professionisti e alla liquidazione dei loro compensi.
Da questo punto di vista:
a. Il giudice delegato, su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’eventuale revoca dell’incarico conferito alle persone la cui opera è richiesta dal medesimo curatore nell’interesse del fallimento. In questi casi, non si fa riferimento alla nomina di legali per l’assistenza della procedura in controversie giudiziarie, bensì alla nomina di altri professionisti che possono coadiuvare il curatore in altre attività nell’interesse del fallimento. In questo senso, la disposizione va coordinata con l’art. 32 che distingue i professionisti ai quali il curatore può delegare specifiche operazioni, dai tecnici ed altre persone retribuite dalle quali il curatore può ricevere aiuto. A tal proposito, in presenza di un grande e complesso fallimento e che richiede una certa urgenza, si potrebbe rilevare la necessità di delegare singole attività ad altri colleghi che hanno una professionalità diversa dalla sua m(art. 321). Al contrario, in altri casi, è possibile che il fallimento abbia bisogno del parere o dell’attività di un ingegnere, architetto o chimico: in questi casi il curatore può farsi coadiuvare da tali soggetti che hanno una professionalità diversa dalla sua (art. 322).
In entrambi i casi, il curatore ha bisogno di un’autorizzazione, ma con alcune differenze: nel primo caso l’autorizzazione è data dal giudice delegato ed il compenso al professionista nominato è detratto dal compenso del curatore; nel secondo caso, l’autorizzazione è data dal comitato dei creditori e, nella determinazione del compenso, si fa riferimento ai fini della liquidazione del compenso finale del curatore. In entrambi i casi, comunque, i compensi sono liquidati dal giudice delegato.
Inoltre, il giudice delegato può revocare l’incarico conferito a terze persone dal curatore in alcuni casi: - se si tratta di professionalità eguale a quella del curatore, quando non vi è urgenza nella collaborazione e vi sarà la revoca solo per gravi ed eccezionali motivi; - se si tratta di professionalità diverse da quelle del curatore, l’attività che il curatore abbia affidato a tali professionisti; - quando ritiene che vi siano delle irregolarità, oppure degli inadempimenti e quando ritenga che il professionista nominato dal curatore non sia all’altezza del compito affidatogli;
b. Il giudice delegato “autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto. L’autorizzazione deve essere sempre data per atti determinati e per i giudizi deve essere rilasciata per ogni grado di essi. Su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’eventuale revoca dell’incarico conferito agli avvocati nominati dal medesimo curatore”. Così, il curatore per promuovere una lite o resistervi deve essere autorizzato dal giudice delegato. Tuttavia, il curatore non ha bisogno dell’autorizzazione alle liti in quei casi in cui non è prevista come obbligatoria l’assistenza di un difensore come quelli relativi alla prima fase di accertamento del passivo fallimentari. Per contro, il giudice delegato non può trattare i giudizi che abbia autorizato, né far parte del collegio investito del reclamo proposto contro i suoi atti.
c. Il giudice delegato, su proposta del curatore, nomina gli arbitri, verificata la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge. Il rapporto tra fallimento e arbitrato è sempre stato controverso. Prima della riforma vi era chi riteneva incompatibile la procedura fallimentare con quella arbitrale; altri vedevano una forte compatibilità; altri che optavano per una soluzione intermedia. La riforma ha considerato compatibili le due procedure. In particolare prevede che: - se una clausola compromissoria era presente in un contratto pendente alla data del fallimento, essa non viene meno e consente la prosecuzione della procedura arbitrale, a meno che non sia da ritenere sciolto l’intero contratto; -  il curatore, per ogni controversia che deve promuovere nell’interesse della procedura, può stipulare compromessi e, quindi, devolvere le stesse in ambito arbitrale. Per fare ciò, ha bisogno dell’autorizzazione del comitato dei creditori e non del giudice delegato, il quale deve essere informato solamente se il valore della controversia da devolvere agli arbitri superi i 50000 €.

Tratto da DIRITTO FALLIMENTARE di Alessandro Remigio
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