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Il trattamento dei creditori prelatizi


L’art. 2741 c.c., che prevede il principio della parità di trattamento nel concorso di creditori ne riconosce però anche la principale deroga: le cause di prelazione, cioè privilegio, pegno e ipoteca. Così anche nel fallimento, dove l’applicazione della parità di trattamento è più rigorosa, sono rispettate le cause legittima di prelazione. Bisogna distinguere tra trattamento dei creditori prelatizi (titolari cioè di un diritto di prelazione) e trattamento dei creditori chirografari, che sono quelli che non hanno garanzie reali sui beni del fallito a garanzia del loro credito. L’art. 54 dispone che i creditori garantiti da ipoteca pegno o privilegio fanno valere il loro diritto di prelazione sui beni vincolati per il capitale, gli interessi e le spese; se non sono soddisfatti integralmente concorrono, per quanto è ancora loro dovuto, con i creditori chirografari nelle ripartizioni del resto dell’attivo. Quando i creditori prelatizi partecipano con i chirografari, per la parte del credito rimasta insoddisfatta, nelle ripartizioni del resto dell’attivo, non solo ricevono per questa parte del credito la percentuale attribuita ai chirografari, ma anche per il credito residuo saranno applicate le norme che operano per i chirografari. La prelazione si estende alle spese sostenute per acquisire e conservare la prelazione o per conservare il bene costituito in pegno. Il trattamento dei creditori prelatizi è poi completato dall’art. 55 che dispone che per essi non opera la sospensione del corso degli interessi dal momento della sentenza dichiarativa fino alla chiusura del fallimento.

Tratto da DIRITTO FALLIMENTARE di Alessandro Remigio
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