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Iscrizione del nome del fallito


La norma che conteneva la previsione dell’iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti, è stata abrogata. L’art. 50 stabiliva che nella cancelleria di ciascun tribunale fosse istituito un pubblico registro dove iscrivere i nomi di coloro che erano dichiarati falliti dallo stesso tribunale e di quelli dichiarati altrove, se il luogo di nascita del fallito si trovava sotto la giurisdizione del tribunale che aveva disposto la procedura. tuttavia le norme per la tenuta di quel registro non sono state mai emanate dal Ministro di Grazia e Giustizia. Da questa iscrizione  conseguivano in capo al fallito una serie di effetti che la stessa legge denominava “incapacità”. L’iscrizione a quel registro creava lo “stato del fallito” che, per numerose leggi speciali, determinava varie preclusioni dirette, per lo più al fallito persona fisica. Le incapacità che conseguivano direttamente all’iscrizione nel registro dei falliti erano quelle previste tassativamente nel c.c. che comportano l’esclusione del fallito dalle funzioni giudiziarie e da determinate cariche societarie; l’esercizio di determinate attività professionali come  ad es. quella di essere nominato tutore. L’iscrizione all’albo dei falliti durava per tutto il periodo del fallimento e veniva meno con la riabilitazione; istituto abrogato dalla norma. L’abrogazione del registro dei falliti non pare, tuttavia, provocare mutamenti nell’ambito degli effetti previsti dal c.c. e dalle norme che si applicano al fallito. Lo stato si fallito risulta ormai dal registro delle imprese per cui le sue incapacità che si collegano oggi alla sentenza dichiarativa, non vengono meno. Esse infatti risultano dalle disposizioni di legge che si applicano a chi è fallito, indipendentemente da un sistema di pubblicità che fondi lo stato di fallito. Per quando riguarda, invece, la durata delle riduzioni di capacità del fallito il sistema è cambiato, essendo stata abrogata insieme al registro dei falliti, la riabilitazione civile. Quindi è da ritenere che la chiusura del fallimento determini il venir meno delle preclusioni imposte dal c.c.

Tratto da DIRITTO FALLIMENTARE di Alessandro Remigio
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