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La nozione di imprenditore. Lo scopo di lucro


L’art. 2082 cc non indica lo scopo di lucro come elemento essenziale per il riconoscimento della qualità di imprenditore. Gli interpreti confrontano la nozione codicistica con quella economica. Innanzitutto ci sono diverse accezioni di “lucro”. Per lucro può intendersi quella somma che residua una volta che con le entrate sono stati coperti i costi di produzione e che può essere impiegata a discrezione dell’imprenditore per remunerare l’attività svolta e per rischio o per reinvestirla nell’impresa. Più in senso stretto, l’attività lucrativa è quella che copre i costi con i ricavi.
Se ci si fermasse a queste interpretazioni, dovrebbe negare la qualifica di imprese ad attività nel cui esercizio non si ravvisa alcuno scopo di lucro (come nelle società cooperative). Da questo punto di vista, le società cooperative dovrebbero essere escluse dall’ambito di applicazione delle procedure concorsuali. Tuttavia, l'art. 2545 cc prevede la sottoponibilità delle cooperative, in caso di insolvenza, a liquidazione coatta amministrativa mentre dispone un c.d. doppio binario (fallimento o liquidazione coatta amministrativa), che si risolve in base al principio di prevenzione, per le cooperative che svolgono attività commerciale.

Tratto da DIRITTO FALLIMENTARE di Alessandro Remigio
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