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La perdita della legittimazione processuale attiva e passiva


L’art. 43 stabilisce che nelle controversie anche in corso, relative ai rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento, sta in giudizio il curatore. La perdita, da parte del fallito, della disponibilità del patrimonio comporta anche la possibilità di influire sulla sorte dei beni in sede processuale. La perdita della capacità processuale attiva e passiva del fallito è, quindi, conseguenza diretta dello spossessamento. La legittimazione processuale del fallito, sia nei giudizi instaurati ex novo sia in quelli che proseguono durante la procedura e relativi ai rapporti patrimoniali compresi nel fallimento, viene trasferita al curatore che non assume, invece, quella inerente ai rapporti di carattere personale e a quelli di natura patrimoniale non compresi nel fallimento (art. 46) per la quale il fallito non perde la  legittimazione processuale. Il fallito, inoltre, mantiene la sua legittimazione nei giudizi di opposizione alla sentenza dichiarativa del fallimento. Il co. 2 dell’art. 43 ammette poi espressamente l’intervento del fallito nei giudizi dai quali possa derivare una sua imputazione per bancarotta oppure quando l’intervento sia previsto per legge. E’ invece esclusa la possibilità che il fallito intervenga in qualità di parte nei giudizi ordinari di verifica del passivo. Viene comunque sentito in sede di verifica del passivo e potrà esporre i propri convincimenti e muovere obiezioni alle richieste dei creditori. Il co. 3 poi per ragioni di economia processuale dispone che l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo.

Tratto da DIRITTO FALLIMENTARE di Alessandro Remigio
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