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Innovazione, brevetti e novità

Ricerca e innovazione, la tutela che la legge da alle imprese che innovano

L’importanza dell’innovazione per le imprese; le imprese hanno bisogno di innovazione. In quasi tutti i mercati, c’è un rischio di eccesso di offerta, ed è fondamentale per le imprese potersi affermare con prodotti nuovi. Stare nel mercato, richiede una continua evoluzione e soprattutto innovazione che, per le imprese, rappresenta una chiave di competizione. L’innovazione implica la sopportazione di costi molto ingenti, perché la ricerca è un’attività che, oltre ad avere costi produttivi, ha anche il costo dell’incertezza del risultato, ossia avere un ciclo produttivo costoso che fornirà un prodotto da vendere. Quando s’inizia la ricerca di base, il rischio è quello di fare il famoso buco nell’acqua oppure arrivare a un punto in cui l’approfondimento della ricerca richiede fondi che in quel momento non si dispongono. L’attività di ricerca, quindi, è ad alto rischio e alto costo. Ciò non spaventa gli imprenditori e se la ricerca, nell’Ottocento, era più il frutto della passione scientifica degli studiosi, oggi consiste in una fase dell’attività produttive, le imprese medio – grandi hanno una visione destinata alla R&S, è una parte dell’attività economia ben organizzata. Per le imprese che spendono nella ricerca, è importante, una volta raggiunto un risultato produttivo, poterlo sfruttare in esclusiva. Si ricerca per affermarsi nel mercato ed incrementare la propria quota di mercato. La ricerca dell’innovazione riguarda altri aspetti dell’attività economica, come la fase produttiva, l’innovazione nella protezione, distribuzione e organizzazione; ci sono imprese che investono nella ricerca di sistemi organizzativi efficienti di organizzazione interna dell’impresa. Il modo più semplice per sfruttare in esclusiva i propri trovati è quello di tenerli segreti. È il modo con cui gli operatori hanno lavorato per secoli. Il segreto è garanzia di esclusiva. Tuttavia, il segreto industriale può essere, più o meno, conveniente. Ci sono segreti industriali famosissimi, perché sono resistiti per decenni senza che nessuno sia riuscito a scoprirli (esempio: miscela della Coca Cola). Ovviamente, il segreto può essere anche scoperto. Se si inventa un prodotto, che ha una struttura, (esempio: una macchina), appena si fa la prima messa in commercio, c’è il rischio che i concorrenti l’ha smontino e capiscano il meccanismo.
Le imprese, nella misura in cui sono in grado di mantenere un segreto, l’ho adotteranno sempre perché è eterno. Ma non garantisce pienamente gli operatori. In base a questa incapacità del segreto di tutelare l’interesse a una esclusiva nell’utilizzo dell’innovazione, è stata ideata l’intuizione di fare un accordo con le imprese, assicurare un’esclusiva in cambio di qualcosa che il segreto sottrae cioè la diffusione dell’innovazione. Se le imprese tengono l’innovazione segreta, più l’ha mantengono segreta e meno l’innovazione si diffonde. Questo per la collettività può essere un problema, e l’idea del brevetto nasce da tale considerazione. Si concede e si garantisce alle imprese un tempo di esclusiva, anche se l’impresa non tiene segreta l’invenzione, perché se l’impresa non ha più bisogno del segreto per avere l’esclusiva, essa è tenuta a spiegarla. L’esclusiva garantita dalla legge, presuppone che l’impresa spieghi molto bene la sua invenzione alla collettività, perché la sua innovazione contribuirà al progresso generale scientifico. La conoscenza dell’invenzione, data dalla pubblicazione del brevetto, permetterà alla scienza di andare avanti, perché le ricerche possono continuare a tener conto del brevetto.

Le critiche al brevetto

Il brevetto è un istituto del passato, che ha più di cent’anni. Nel corso del tempo, i brevetti sono stati messi molto in discussione e, in particolar modo, se è giusto e sensato concedere il brevetto. Nella misura in cui è stato inventato qualcosa, si ha il diritto ad avere il riconoscimento dell’attività inventiva. Oggi come oggi, è difficile affermare chi ha il merito delle invenzioni. Le critiche sul sistema brevettuale nascono dall’idea che il brevetto, siccome è basato sulla concessione di un’esclusiva per un certo periodo di tempo, limiti troppo alla concorrenza, ossia attribuisce tanti monopoli alle imprese che avrebbero tante rendite di posizione a danno dei consumatori. Questa idea, che il brevetto sia anticompetitivo, è vista dalla concorrenza in termini fissi e immobili. Ci sono mercati dove tutti i prodotti hanno il brevetto e ci sono tanti concorrenti, ognuno si specializza nella propria innovazione. Il grande dibattito gira intorno alla reale capacità del brevetto di essere stimolo competitivo, e questa critica va presa sul serio. Il brevetto nasce per tranquillizzare le imprese, per stimolare l’innovazione. Col brevetto, si incentiva l’impresa a comunicare alle sue ricerche e in cambio si da un’esclusiva. Si ritiene, inoltre, che il brevetto in sé stimoli l’innovazione, perché l’impresa investe con più sicurezza in ricerca se ha la certezza del brevetto.
In certi settori, le imprese dichiarano che, se non avessero i brevetti, non investirebbero in ricerca, perché non avrebbero la certezza di recuperare i costi investiti. Puntare all’innovazione, non è un atteggiamento anticompetitivo. La concorrenza stessa non punta, soltanto, all’abbassamento dei prezzi, ma anche a un continuo miglioramento della qualità; se l’abbassamento dei prezzi corrisponde al deterioramento della qualità, non si può dire che il processo competitivo ha ottenuto un risultato desiderabile. La concorrenza deve garantire un mix d’equilibrio che si ha quando le imprese, siccome ci sono altri operatori nel mercato, sono costrette a migliorarsi e non alzare più di tanto i prezzi. È impensabile eliminare il sistema brevettuale, perché gli accesi e prolungati dibattiti tra le nazioni, sul mantenere o meno i brevetti, si sono tradotti in convenzioni internazionali dove tutti i paesi del mondo, occidentali e sottosviluppati, hanno accettato l’esistenza dei sistemi brevettuali, l’idea del brevetto come meccanismo che garantisce un’esclusiva nello sfruttamento di un’invenzione. Ci sono stati studi che hanno dimostrato che il brevetto serve, ma hanno prodotto risultati contradditori. In alcuni settori, la ricerca economica sembra confermare che l’esistenza del brevetto offre risultati più positivi che negativi. Un settore, nel quale il brevetto sia indispensabile, è quello farmaceutico, dove però l’esistenza delle privative brevettuali è fonte di tanti risultati negativi. Questa considerazione di fondo ha portato lo studio dell’analisi economica dei brevetti, verso una prospettiva più elastica; se la scelta di adottare o meno il brevetto risulta difficile da valutare nella sua complessità, il dibattito si focalizza su come rendere il sistema brevettuale coerente con la funzione di stimolare la ricerca, senza favorire la creazione di rendite di monopolio. Nel contempo, ciò che si vuole realizzare è stimolare l’innovazione, investire nella ricerca, senza trasformare tale intervento in una sorta di baluardo che sia un pretesto per creare esclusive non giustificate o troppo prolungate. Bisogna trovare un sistema brevettuale che premi le innovazioni realmente rilevanti. L’esigenza di dare l’esigenza brevettuale solo a una vera innovazione, reali progressi tecnici, chimici e tecnologici, la scelta di premiare solo un’innovazione vera è coerente con la ratio del brevetto.
Scenario normativo attuale del brevetto: esistono diverse convenzioni internazionali, l’ultimo è l’accordo TRIPS (Accordo sui diritti di Proprietà Intellettuale relativi al commercio) raggiunto nell’ambito del WTO. Ha segnato una svolta al dibattito mondiale in materia brevettuale; con questa convenzione si è creata una pace sociale con contenti e scontenti, in cui tutti i paesi firmatari hanno accettato l’idea dei brevetti, impegnandosi a garantire un minino di tutela brevettuale. Anche i paesi meno propensi a questa tutela, con l’accordo TRIPS, hanno accettato di dare dei brevetti, di riconoscere la tutela dell’innovazione con il sistema brevettuale. Prima di quest’accordo, ci sono state altre convenzioni come il Patent Cooperation Treaty (Trattato sulla cooperazione in materia brevettuale), convenzione importante dal punto di vista politico che ha sancito un riconoscimento generalizzato del modello brevettuale, e che semplifica la registrazione dei brevetti. Nasce con l’idea di assicurare che la brevettazione riguardi prodotti e procedimenti nuovi; consente, inoltre, dei sistemi di ricerca e verifica delle conoscenze anteriori efficaci. La Convenzione di Monaco sul brevetto europeo, dove l’Italia è uno dei paesi aderenti. È una convenzione che ha previsto un sistema centralizzato di registrazione dei brevetti per i paesi europei, ha armonizzato la disciplina brevettuale europea da un punto di vista sostanziale. Il problema di questa convenzione è fuori dall’UE; la stessa UE, come il marchio comunitario, ha provato a fare il brevetto comunitario. Materia brevettuale simile a quella dei marchi, perché abbiamo il brevetto nazionale, un sistema di registrazione centralizzato europeo che è il brevetto europeo, e un contesto di cooperazione più ampio che è il PCT. Il brevetto nazionale è l’unico titolo che esiste. Questi trattati permettono alle imprese di conseguire i brevetti nazionali in più paesi.

Disciplina brevettuale italiana (art. 45 C.P.I.)

Il brevetto riguarda le invenzioni industriali. Non riguarda la forma esteriore dei prodotti, bensì la loro sostanza e funzione. Il legislatore non ci fornisce chiaramente la nozione di invenzione. Possono essere brevettate le invenzioni che sono nuove, originali e industriali. Il legislatore non descrive l’invenzione in generale, e ciò è dovuto al fatto di non essere troppo puntuali perché si rischia di lasciar fuori un qualcosa che rappresenta un trovato. Non sono invenzioni delle realtà molto diverse tra loro.
Le scoperte e le teorie scientifiche, ad esempio, non sono invenzioni. L’invenzione ci da l’idea di un qualcosa che prima non esisteva; un qualcosa che non è stato scoperto, ma ideato. Scoperte, teorie scientifiche e metodi matematici sono un qualcosa che già esiste e di cui ci appropriamo. Nella scelta di ciò che non è invenzione, il legislatore è guidato da principi diversi: da una parte, elimina la scoperta di una conoscenza perché l’invenzione deve essere nuova, un trovato, frutto dell’attività inventiva. Possono essere invenzioni e non, il software, le razze animali, trattamenti medico – chirurgici, ma rispetto alla scelta di non essere incluse nelle invenzioni, c’è la scelta politica di non voler tutelare con il sistema brevettuale alcuni trovati. Dall’altra, si è in presenza di scoperte, conoscenze, dove il soggetto non ha creato niente, ma ha solo scoperto qualcosa. Da questa considerazione, emerge l’idea che l’invenzione sia un trovato dove l’inventore ci mette del suo, e per descrivere l’invenzione si usa dire che l’invenzione è la soluzione originale di un problema tecnico. Definizione parziale ma, allo stesso tempo, utile perché pone l’accento su due aspetti: l’invenzione deve essere un trovato nuovo, ideato dall’inventore, e che ha un’utilità. Utilità fondamentale nelle invenzioni, non si può brevettare un qualcosa che non ha utilità. Le idee inventive che non hanno una destinazione d’uso e che sono solo belle e estetiche, hanno una protezione se sono opere intellettuali, protezione del diritto d’autore diversa da quella brevettuale. L’utilità è il fulcro intorno al quale, si ricostruisce la disciplina brevettuale. L’esclusiva copre i trovati utili, che assolvono ad una funzione precisa e identificata. Il legislatore pone dei limiti nell’accesso al brevetto. Non sono stati considerati, per tanto tempo, brevettabili i farmaci; scelta che è venuta meno, ma restano non brevettabili tecniche per il trattamento terapeutico e chirurgico. Si ritiene giusto che questi metodi siano noti e utilizzati da tutti. La scelta di escludere dalla normativa brevettuale, i programmi per elaboratore e le razze animali, ha altre spiegazioni: per le razze animali, l’idea è di dare una disciplina ad hoc, in quanto inadeguata la disciplina dei brevetti legata alla meccanica per trovati come le razze animali.
Per il software, invece, non si capiva che cosa rappresentasse. Nonostante ciò, oggi il software ha una tutela ad hoc, che tiene conto delle sue specificità. Certi software sono considerati brevettabili, che hanno un’applicazione industriale immediata; per il computer che permettono di dargli un comando specifico, oppure incorporati nei prodotti della meccanica o strumenti diagnostici (esempio: TAC, elettrocardiogramma, ecografie), che guidano il funzionamento della macchina e la rilevazione dell’esame. Si distinguono due grandi tipologie d’invenzioni: di prodotto e di procedimento. L’invenzione può riguardare un nuovo prodotto industriale oppure un procedimento destinato alla realizzazione di prodotti. Avvolte, contemporaneamente, s’inventano un prodotto e un processo (esempio: una sostanza chimica). L’inventore può accedere alla brevettazione se possiede determinati requisiti. Se si concede il brevetto a chi c’ha messo del suo, ma senza enorme successo, si commette un errore. Se si da un’esclusiva (che ha una durata di 20 anni), in assenza di presupposti, si ottiene un effetto contrario a quello che vorrebbe raggiungere la normativa brevettuale. Affinchè il brevetto sia concesso, la prima condizione indispensabile è che l’invenzione sia nuova.

Aspetti sulla novità (art. 46 C.P.I.)

Quando si rilascia un brevetto nazionale, viene rilasciato solo a chi innova rispetto alle conoscenze mondiali. L’innovazione deve riguardare qualcosa di nuovo a livello mondiale. Non è considerato nuovo ciò che già esiste o è stato comunicato. Chi vuole brevettare la sua invenzione, fino al momento del brevetto l’ha deve tenere segreta. Questa scelta del legislatore pone il problema di come fare nelle grandi imprese; la ricerca è il frutto di un lavoro di un equipe, dove saranno più persone a sapere le cose. Non si può pensare che l’imprenditore non divulghi la sua invenzione ai suoi dipendenti. Ci sono delle persone all’interno dell’impresa alle quali, necessariamente, l’invenzione va divulgata. La divulgazione non toglie l’invenzione, purché le persone siano obbligate, contrattualmente, a mantenere il segreto. È chiaro che, le persone che si mantengono vincolate al segreto, non si possono tener vincolate per sempre e pretendere che tengano il segreto per anni, e che una loro divulgazione non escluda la novità. Se si hanno dei dipendenti, obbligati al segreto, ma divulgano all’esterno l’invenzione, si perde la novità, a meno che questa pre divulgazione non sia avvenuta in un tempo molto vicino a quello in cui si è presentata la domanda di brevetto.
Altri due aspetti sulla novità che sono rilevanti; la legge è molto rigida nel definire le condizioni di novità, perché tutto ciò che già è conosciuto rende nulla l’invenzione. Tale severità nel requisito della novità non è garanzia del fatto che, tutti i brevetti concessi siano buoni, validi. Affinchè un’invenzione sia brevettata, deve essere nuova e per esserlo, non deve essere compresa nello stato della tecnica, non deve essere stata pre divulgata dall’inventore a nessuno, tranne persone sotto vincolo di segreto purché l’inventore brevetti entro breve tempo. Tuttavia, la rigidità della disciplina è utile solo se si è in grado di assicurare un controllo efficace di questa novità, nel bagaglio delle conoscenze mondiali. Tutti i procedimenti di rilascio dei brevetti, un aspetto rilevante è stato quello della verifica della novità. Di fronte alla domanda di brevetto, è importante essere sicuri che il brevetto rilasciato riguarda un’invenzione nuova. È fondamentale verificare sin da subito la novità, altrimenti si rilascia il brevetto su una cosa che non è nuova, e per eliminare il brevetto si dovrà fare un’azione giudiziaria con la dichiarazione di nullità del brevetto, sostenendo costi notevoli per chi è interessato a far valere l’invalidità dell’invenzione. Quando il sistema brevettuale è stato elaborato, le invenzioni esistenti erano soprattutto meccaniche. Una macchina, ad esempio, nasce, vive e muore con un determinato uso. Nella chimica, invece, si può scoprire una nuova sostanza che prima non esisteva. Se si inventa l’uso nuovo di una sostanza nota, si può brevettare perché, nella misura in cui quell’uso non era noto in quel momento. Il legislatore, quando parla di novità, non ha in mente soltanto la struttura del prodotto, bensì l’utilizzo. La novità può essere sia della sostanza e sia dell’uso. Chi inventa una sostanza nuova, brevetterà la molecola e un uso da identificare, perché la disciplina brevettuale chiede che il trovato deve avere un’applicazione. Chi inventa solo un nuovo uso, può brevettarlo, ma questo nuovo uso è legato all’invenzione precedente.

Tratto da DIRITTO INDUSTRIALE di Valerio Morelli
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