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Inefficacia dei trattati nei confronti di stati terzi

I trattati valgono solo per le parti che li pongono in essere (pacta tertiis nec nocent nec prosunt). Se però il trattato è aperto, cioè è prevista una clausola di adesione, allora anche gli stati terzi possono aderirvi.
Questi ultimi si differenziano dagli stati contraenti perché non hanno partecipato all’elaborazione dell’accordo, ma assumono al pari degli stati che hanno elaborato il trattato, tutti i diritto e gli obblighi che da esso discendono.
Però se manca la clausola di adesione o la formale dichiarazione di volontà di aderire all’accordo concluso da altri stati, al trattato sarà  applicato il principio di inefficacia nei confronti degli Stati terzi.
Le parti contraenti un trattato possono anche impegnarsi in un contratto a favore di Stati terzi, ovvero vantaggioso per gli Stati non contraenti.
Ciò avviene negli accordi in materia di navigazione su fiumi o canali internazionale: questi trattati anche  se stipulati da un numero limitato di paesi, risultano vantaggiosi per le navi di tutti gli altri stati (trattato sul canale di Panama1903) .
Ma i vantaggi, che derivano dai trattati di questo tipo, fino a che non si trasformano in diritti attraverso la partecipazione del terzo all'accordo, possono essere sempre revocati dalle parti contraenti.
Anche la Convenzione di Vienna ritiene inefficaci questi trattati nei confronti degli stati terzi, infatti:
-art.34: un trattato non crea obblighi o diritti per uno stato terzo senza il suo consenso;
-art.35: un obbligo può derivare da un trattato nei confronti di uno stato terzo, se lo stato accetta per iscritto l’obbligo medesimo;
-art.36:il consenso dello stato terzo si presume finché non vi siano indicazioni contrarie.

Tratto da DIRITTO INTERNAZIONALE di Antonio Amato
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