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Principio della libertà dei mari in ambito di Diritto internazionale marittimo

Il potere di governo degli stati incontra dei limiti anche con riferimento agli spazi marini. In materia esistono 4 convenzioni di codificazione approvate a Ginevra (1958) ratificate ciascuna di esse da non + di 50 stati.
Per il principio della libertà dei mari (che ha dominato per vari secoli il diritto internazionale  marittimo)  il singolo stato non può impedire ne intralciare l’utilizzazione degli spazi marini, l’unico limite è costituito dal rispetto delle libertà altrui.
Ma da sempre gli stati hanno preteso di assicurarsi un certo controllo delle acque adiacenti alle proprie coste, perciò il suddetto princ ha subito un’erosione che può essere così sintetizzata:
a) alla fine del sec scorso, la prassi internazionale  ha riconosciuto la figura del mare territoriale, cioè di quella fascia di mare costiero equiparata addirittura al territorio dello stato, e quindi sottoposto al potere di governo dello stato costiero;
b) dopo la fine della 2° guerra mondiale, il presidente Truman rivendicava a favore degli stati uniti il controllo e la giurisdizione sulla piattaforma continentale, cioè sulle risorse su quella parte del fondo e del sottosuolo marino che costituisce il prolungamento della terra emersa e che si mantiene a profondità costante prima di sprofondare negli abissi (zoccolo continentale);
c) negli anni 80, la prassi ha riconosciuto l’istituto della zona economica esclusiva estesa fino a 200 miglia marine dalla costa, secondo cui le risorse della zona appartengono allo stato costiero.
Norme di cortesia: il comportamento è sentito come socialmente dovuto.
Trattato ai tempi del sovrano: Il trattato veniva negoziato dagli emissari del Sovrano, definiti "plenipotenziari", in quanto dotati di "pieni poteri", per la negoziazione. I plenipotenziari predisponevano il testo dell'accordo e lo sottoscrivevano. Seguiva poi la ratifica da parte del Sovrano, con cui accertava se i plenipotenziari si fossero effettivamente attenuti al mandato ricevuto. Alla fine, per portare la volontà del Sovrano a conoscenza delle controparti, avveniva lo scambio delle ratifiche.
-Competenza a stipulare trattati: Una violazione grave delle norme statutarie sulla competenza a stipulare può comportare l'invalidità dell'accordo. Poiché, però, le norme contenute nel Trattato istitutivo sono modificabili dalla consuetudine, la competenza a stipulare può anche risultare da regole consolidatesi nella prassi dell'organizzazione, purché accettata dagli Stati membri e sempre che non ci sia un organo giudiziario incaricato di vegliare sul rispetto del trattato.
Nel nostro ordinamento amento la competenza a ratificare appartiene all’esecutivo ed è disciplinata dagli articoli:
-art. 87: il P.d.R.  ratifica i trattati internaz, e se occorre,  previa, autorizzazione delle Camere.
-art. 80: specifica quali sono le materie per le quali è prevista l'autorizzazione che deve essere data con legge (trattati di natura politica, o  che prevedono regolamenti giudiziari, o modificazioni di leggi) .
-art. 89: nessun atto del Presidente è valido se non è controfirmato dal ministro proponente che se ne assume la responsabilità (controfirma ministeriale) .
Il fatto di riconoscere un privilegio al diritto comunitario rispetto al diritto pattizio, non deve indurre a ritenere che le norme comunitarie prevalgano rispetto ai principi fondamentali sanciti a livello costituzionale, perché il diritto internazionale  devono coesistere in un equo regime di reciproco condizionamento.
Uti Possidetis: princ che si riferisce ad una norma del 1810, che si applica ai paesi sorti dal proc di decolonializzazione e prevede che gli stati latino-americani ereditino dalla Spagna le frontiere delle circoscrizioni amministrative spagnole, esistenti al momento dell’acquisto dell’indipendenza.
A tal riguardo vi sono 2 teorie:
-monisti: il diritto statale trova fondamento nel diritto internazionale; 
-dualisti: l'ordin statale è  separato da quello della comunità degli Stati.
L’osservanza del Diritto Internazionale da parte di uno Stato deve ritenersi affidata in primo luogo agli operatori giuridici interni.

Tratto da DIRITTO INTERNAZIONALE di Antonio Amato
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