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Caratteri della reazione difensiva della legittima difesa


Essa consta di tre elementi: la costrizione, la necessità e la proporzione.

Costrizione.


Va intesa in riferimento alla funzione di autotutela sussidiaria della scriminante.
Poiché essa implica un conflitto di interessi, questo deve potersi “riferire” all'aggredito come alternativa “bloccata” tra l'offendere e l'essere offeso. Il criterio di riferimento è per l'appunto la “costrizione”, non basata sull'interiorizzazione psichica del conflitto, ma sul fatto che il soggetto subisce l'alternativa, senza esserne l'artefice.
Quindi la costrizione non sussiste quando l'alternativa conflittuale risulti, o intenzionalmente provocata (es. Tizio provoca intenzionalmente uno squilibrato per poterlo colpire), oppure consapevolmente accettata (es. Tizio accetta la sfida a battersi con il rivale in amore), o non evitata, quando il soggetto vi si potesse sottrarre senza pregiudizio alcuno (es. Tizio sa che Caio lo attende in un certo luogo per aggredirlo ma vi si reca ugualmente; se viceversa Tizio non può ragionevolmente evitare quel percorso, la soluzione si capovolge).
L'ipotesi dell'alternativa non evitata è spesso ricondotta nell'orbita del pericolo attuale, assumendo ch'esso debba essere anche “inevitabile” (la possibilità di fuga, o comunque di sottrarsi al pericolo altrimenti che affrontando l'aggressore, esclude la difesa legittima quando non implichi alcuna conseguenza pregiudizievole).
Comunque in tutte le situazioni suddette, l'aggredito potrà beneficiare della scriminante qualora il pericolo determinato superi il limite dell'alternativa consentita: es. se nello scontro convenuto a mani nude, uno dei contendenti sfoderi un coltello, l'altro potrà ovviamente difendersi da questa nuova e diversa minaccia.

Necessità di difendersi.


Questo requisito implica che la reazione, oltre che obiettivamente idonea a neutralizzare il pericolo (ciò che non si verifica nella c.d. difesa legittima aberrante: ad es. Tizio spara contro Caio aggressore, ma colpisce un passante), rappresenti anche la soluzione «relativamente inevitabile», in rapporto alle risorse difensive dell'aggredito (es. è difesa necessaria il grave ferimento o la morte del violentatore da parte di una ragazza che disponga un provvidenziale coltello, non da parte di una campionessa di karate in grado di bloccare agevolmente il bruto -!!!- spezzandogli un arto o facendolo svenire).

Proporzione.


La proporzione tra offesa e difesa è stata a lungo intesa dalla giurisprudenza come proporzione tra i mezzi usati dall'aggredito e quelli disponibili: una tesi assurda, sia perché tale raffronto è già implicito nel concetto di “necessità”, sia perché i mezzi usati e quelli disponibili non corrispondono in alcun modo a “offesa” e “difesa” (ma solo a due diverse modalità di difesa, l'una effettiva e l'altra virtuale).
Non meno inaccettabile appare l'idea di comparare i mezzi usati dall'aggressore e quelli usati invece dall'aggredito, il cui significato non può essere scollegato dal contesto della situazione.
Sarebbe paradossale ammettere la difesa legittima del proprietario di un cane che uccida con un fucile colui che, pur con un fucile, sta per sopprimere l'animale, e negarla invece al vecchietto che abbia reagito con una pistola all'aggressione di un energumeno -!!!- armato di bastone e in procinto di sfondargli il cranio.
La dottrina ha a lungo propugnato l'esigenza che il giudizio comparativo si svolga tra gli interessi in conflitto: è proporzionata, in questo senso, la reazione che offenda un bene di valore non inferiore a quello difeso, tenendo conto anche del significato che quest'ultimo assume per l'aggredito (la perdita di un dito non ha, ad es., lo stesso significato per un celebre pianista e per un anziano pensionato). Quando si tratti di beni eterogenei la proporzione può essere stabilita valutando grado e modi della tutela che l'ordinamento assicura loro: es. un bene patrimoniale non potrà essere difeso a prezzo della vita dell'aggressore; mentre si ritiene che, per salvaguardare la propria libertà sessuale da una grave offesa, la difesa possa spingersi sino alla morte (peggio di Palazzo!!!!).
Anche il criterio della proporzione tra i beni risulta tuttavia intrinsecamente insufficiente, perché non tiene conto di tutta la complessività della vicenda aggressiva e difensiva: se, ad es., Tizio minaccia Caio di lesioni, la valutazione comparativa non può prescindere dall'intensità del pericolo (altro è se l'aggressore si è limitato a sfoderare l'arma, altro se si accinge a vibrare il colpo), dal tipo soggettivo di offesa (altro è reagire contro un'aggressione intenzionale, altro difendersi da un fatto colposo o incolpevole), dalla natura del conflitto, e quindi dall'intensità della costrizione (altro è aver accettato il pericolo, sia pure entro limiti inferiori a quelli poi realizzati, altro averlo subito), dalla consistenza della necessità (altro è disporre di più mezzi difensivi a diversa efficacia offensiva, altro averne soltanto uno). 


Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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