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Le singole cause di giustificazione: esercizio del diritto o adempimento del dovere


Artt. 51-53 c.p.: esercizio del diritto o adempimento del dovere, quando il fatto tipico è realizzato nell’esercizio di un diritto o nell’adempimento di un dovere, è una norma generale ma che rinvia alle fonti extra-penali che attribuiscono facoltà o doveri a certi soggetti.
Per diritto si intende una facoltà di agire riconosciuta dall’ordinamento, i problemi che si pongono sono:

- quali sono le fonti di diritti o doveri scriminanti?
Come si è visto, le fonti di diritti e doveri con effetti scriminanti sono spesso previsti da norme extra-penali, mettendo in seria crisi il principio di legalità.
La legge non può prevedere ogni fattispecie scriminante e anche l’art. 51 c.p., quando richiama a “norme giuridiche”, non può essere interpretato come un’attribuzione di forza scriminante a qualunque fonte di diritti o doveri.
In questo ambito molto confuso cerca di fare ordine il concetto di unità dell’ordinamento, il quale prevede che siano fonti scriminanti quelle che, in virtù di loro caratteristiche, possono mantenere gli equilibri istituzionali dell’ordinamento.
Con l’ingresso nella Comunità Europea il nostro Stato ha accettato a limitazioni di sovranità che possono anche riguardare il settore penale, non tanto con effetti incriminanti, in quanto come abbiamo già visto gli atti normativi europei risulterebbero in contrasto col nostro principio di democraticità della legge penale, ma quanto con effetti scriminanti.
Le Regioni, ancora, con il nuovo Titolo V della Costituzione hanno materie in cui la loro competenza consente di dettare discipline regionali scriminanti, mentre nelle materie a competenza concorrente si ritiene che la competenza penale scriminante resti allo Stato in quanto si ritiene rientrante tra i principi fondamentali della disciplina.

- a quali condizioni ed entro quali limiti hanno effetti scriminanti?
Tutte le norme che attribuiscono diritti o doveri hanno un raggio di applicazione.
Sono causa di giustificazione solo per quelle situazioni che rientrano nella loro area di esercizio, ad esempio gli agenti di polizia che possono venir meno al loro obbligo di impedire e reprimere i reati non arrestando lo spacciatore immediatamente per poter catturare anche il trafficante, ma non possono partecipare attivamente senza far niente al compimento di omicidi tramite infiltrati.
Inoltre si deve verificare se la norma incriminatrice soddisfa un interesse di rango superiore di quello tutelato dalla norma scriminante, e in tal caso prevarrà l’incriminazione.
Ma se il conflitto tra il fondamento della norma incriminatrice e quella scriminante non è risolvibile con i generali metodi di specialità, gerarchia e successione allora sarà compito interpretativo del giudice stabilire la norma prevalente.
Si nota, quindi, come norme incriminatrici possono fungere da limite a norme scriminanti, per mezzo dei generali metodi di risoluzione dei conflitti tra norme o per mezzo di interpretazione quando il legislatore non è intervenuto per stabilire un orientamento specifico.
Quando si è in presenza di un ordine dell’Autorità si deve verificare la legittimità dell’ordine, cioè deve esserci una norma che consenta a un’autorità pubblica, e mai privata, di ordinare a un suo sottoposto gerarchico di porre in essere un fatto tipico.
Quando, invece, l’ordine non è legittimo si apre il problema della responsabilità dell’autorità e del soggetto agente.

Tratto da DIRITTO PENALE: PRINCIPI E DISCIPLINA di Stefano Civitelli
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