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L’azione costitutiva ex art. 2908 c. c.

L’azione costitutiva è disciplinata in via generale dal C. C.; in particolare, EX ART. 2908 C. C. - intititolato "Effetti costitutivi delle sentenze" - è stabilito che «NEI CASI PREVISTI DALLA LEGGE, L'AUTORITÀ GIUDIZIARIA PUÒ COSTITUIRE, MODIFICARE O ESTINGUERE RAPPORTI GIURIDICI, CON EFFETTO TRA LE PARTI, I LORO EREDI O AVENTI CAUSA». Pertanto, l’azione costitutiva può essere esercitata solo nei casi tassativamente previsti dalla legge e, in tali casi, il giudice non si limita ad accertare l’esistenza e la violazione del diritto soggettivo dell’attore, bensì, quale quid pluris, egli deve anche costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico; ciò significa che l’attore, attraverso l’azione costitutiva, esercita il c. d. diritto potestativo, cioè il potere di produrre un effetto giuridico che incide sulla sfera giuridica dell’altro soggetto convenuto, indipendentemente dalla sua volontà e dalla sua collaborazione.
Le azione costitutive possono essere necessarie, nel caso in cui la costituzione, modificazione o estinzione del rapporto giuridico non può svolgersi per accordo tra le parti, ma è a priori indispensabile rivolgersi al giudice per ottenere un provvedimento in merito.

ESEMPIO: In materia di diritto di famiglia, il giudizio di separazione e/o il giudizio di divorzio sono esempi di azione costitutiva necessaria: chi intende separarsi e/o divorziare dal proprio coniuge non può farlo mettendosi d’accordo con il coniuge medesimo, bensì deve per forza rivogersi al giudice. In particolare, con la sentenza di separazione si ottiene una modificazione del rapporto giuridico matrimoniale, mentre con la sentenza di divorzio si ottiene l’estinzione del rapporto giuridico matrimoniale. Quindi, in questi due casi, il giudice non si limita ad accertare il presupposto sostanziale per concedere la separazione e/o il divorzio, ma realizza anche il quid pluris della separazione e/o del divorzio, indipendentemente dalla volontà e dalla cooperazione dell’altro coniuge.
Al contrario, le azioni costitutive sono non necessarie, nel caso in cui la costituzione, modificazione o estinzione del rapporto giuridico può svolgersi per accordo tra le parti; pertanto, in questo caso, una di esse si può rivolgere al giudice per ottenere una sentenza costitutica, solo se ha ricevuto dalla sua controparte un rifiuto a collaborare in tal senso.

ESEMPIO 1: In materia contrattuale, l’azione di annullamento del contratto e l’azione di risoluzione del contratto sono esempi di azioni costitutive non necessarie, che determinano l’estinzione di un rapporto giuridico contrattuale.

ESEMPIO 2: Sempre in materia contrattuale, EX ART. 2932.1 C. C. - intitolato "Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto" - è stabilito che «SE COLUI CHE È OBBLIGATO A CONCLUDERE UN CONTRATTO NON ADEMPIE L'OBBLIGAZIONE, L'ALTRA PARTE, QUALORA SIA POSSIBILE E NON SIA ESCLUSO DAL TITOLO, PUÒ OTTENERE UNA SENTENZA CHE PRODUCA GLI EFFETTI DEL CONTRATTO NON CONCLUSO». Il tipico ambito in cui entra in gioco quest’azione costitutiva non necessaria, che determina la costituzione di un rapporto giuridico contrattuale, è il contratto preliminare di compravendita, nel caso in cui una delle tue parti obbligate a concluderlo (che, di solito, è il futuro venditore) non adempia.
QUAL È LA DIFFERENZA TRA UN’AZIONE COSTITUTIVA ED UN’AZIONE DI CONDANNA? L’azione costitutiva e l’azione di condanna, essendo entrambe azioni di cognizione, hanno in comune il momento dell’accertamento. Dall’ESEMPIO 2 si può dedurre la differenza tra le due azioni.

In particolare, nell’azione di condanna, l’attore, facendo valere il proprio diritto ad ottenere la conclusione del contratto di compravendita, domanda al giudice di condannare il convenuto ad eseguire una determinata prestazione (che, in quest’esempio, consiste nel concludere un contratto di compravendita, ma che, più in generale, può consistere in un dare, un fare o un non fare), intimandogli, quindi, di collaborare alla conclusione del contratto. Allo stesso tempo, come si deduce dall’ESEMPIO 2, qualora la controparte non adempia la propria obbligazione derivante da un contratto di compravendita, l’attore può anche pensare di proporre l’azione costitutiva ad hoc - che è prevista ex lege - e, attraverso il suo esercizio, di chiedere al giudice EX ART. 2932.1 C. C., di porre lui in essere tale contratto attraverso la sentenza, prescindendo dalla collaborazione della controparte stessa.

Pertanto, mentre post azione costitutiva l’effetto costitutivo del rapporto di compravendita sarà sempre realizzato dalla sentenza, post azione di condanna può anche capitare che il convenuto non collabori e, quindi, non ottemperi alla sentenza del giudice. In questo caso, l’attore può pensare di procedere all’esecuzione forzata: qui entra in gioco la distinzione tra i c. d. obblighi fungibili (=prestazioni rispetto alle quali il processo esecutivo può operare bene, determinando la sostituzione del debitore con un organo dello Stato dotato di potere coercitivo) e i c. d. obblighi infungibili (=prestazioni che possono essere poste in essere solo dal debitore, che, di solito, sono obblighi di fare). L’obbligo di concludere un contratto è il tipico obbligo di fare infungibile, poiché costringere qualcuno con la forza a recarsi dal notaio è inimmaginabile; di conseguenza, qualora il convenuto non collabori alla conclusione della compravendita neanche post sentenza di condanna, l’attore, non potendo esercitare un’azione esecutiva, avrà solo la possibilità residuale di ottenere una tutela risarcitoria.

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE CIVILE di Luisa Agliassa
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